Attacco ai giornalisti. Il movimento dice di volere un’editoria sganciata da gruppi economici, finanziari. Io posso anche smettere di scrivere e non cambia niente al mondo. Ma è così che si fa per avere un’editoria più libera? In realtà i Cinquestelle denunciano una forte carenza non solo politica ma anche della conoscenza delle dinamiche nella stampa italiana
I colleghi con la loro impermeabile ironia telefonano sghignazzando. Sulle prime ho pensato a uno scherzo, a un errore di stampa o a un caso di omonimia. Scopro così che Di Battista, con cui ho parlato una sola volta e al telefono di Libia due anni fa, mi inserisce tra i giornalisti «buoni» ma forse non tra i buoni giornalisti. Grazie, ma alla mia età posso farne a meno.
Non mi piacciono le liste e ancora meno gli epiteti usati dai Cinquestelle nei confronti della categoria. L’unico conforto è che tutto finirà presto nel dimenticatoio delle polemiche inutili. Passiamo allora alle notizie vere.
Con il taglio voluto dai Cinquestelle dei contributi pubblici all’editoria delle cooperative, il manifesto, giornale certo non ricco dove io scrivo – citato da Di Battista come «libero» giornalista – rischia di chiudere. Insomma secondo lui sono “libero” di andare a spasso come tanti altri giornalisti, visto che questo è l’unico quotidiano che si è fatto avanti seriamente per cercare la mia collaborazione.
Il movimento dice di volere un’editoria sganciata da gruppi economici, finanziari. Io posso anche smettere di scrivere e non cambia niente al mondo. Ma è così che si fa per avere un’editoria più libera?
In realtà i Cinquestelle denunciano una forte carenza non solo politica ma anche della conoscenza delle dinamiche nella stampa italiana.
Su un punto mi preme soffermarmi. Ecco come funziona il giornalismo da noi, almeno sugli esteri. La politica estera e il mestiere di inviato di guerra che ho esercitato per 35 anni sono da noi assai marginali: giornali e tv sono ripiegate sull’ombelico italico da sempre. I posti migliori vengono riservati agli amici degli editori, dei politici e di qualche lobby, come quella che influenza le nomine sui corrispondenti in Israele.
Chi è contro Israele o viaggia il mondo arabo e iraniano è un amico dei terroristi, quindi sospetto. Poi c’è la sudditanza nei confronti degli Usa: per anni chi era contrario alla politica americana in Medio Oriente non scriveva editoriali e i suoi reportage erano relegati nella pagine interne.
Emblematica la guerra in Iraq del 2003 in cui la stragrande maggioranza della stampa ha appoggiato la guerra senza neppure sapere dove fosse il Medio Oriente. In sintesi devi essere amico di Israele e degli Stati Uniti: come la maggior parte di coloro che hanno governato l’Italia in questi decenni, tranne rare eccezioni.
Chi non ha aderito o aderisce a questa visione è destinato i margini. Questo esecutivo, dove si distingue il filo-sionismo della Lega che fu preceduto da quello del Msi-An, di Berlusconi, del Pd, dei radicali e di una pletora di politicanti italici, mi pare che si allinei perfettamente con questa tradizione: un altro governo inutile, come ho scritto e detto anche ad alcuni esponenti dei Cinquestelle. Fine delle trasmissioni.
(Alberto Negri, il manifesto, 15.11.2018)