mercoledì, Dicembre 18, 2024

Cronache dagli abissi: la condanna dei poveri all’invisibilità (altranarrazione.blogspot.com)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Sorge il sole. I rumori che senti intorno ti dicono che il mondo si sta svegliando, le saracinesche dei negozi si alzano, le macchine scalpitano nel traffico, i ragazzini di città passeggiano per andare a scuola, gli impiegati prendono un caffè al bar prima di entrare in ufficio. Percepisci che tutti hanno fretta, tutti hanno qualcuno o qualcosa che li attende. Tu no.

Ascolti tutto rinchiuso in un vecchio sacco a pelo blu, sporco di polvere e smog, che è, ormai, la tua casa. Sei abituato ad aprire gli occhi e vedere le mura di quella umida e buia via dimenticata da tutti, nonostante si trovi nel cuore della città.

Fai fatica ad alzarti, non hai soldi per fare colazione e il freddo del mattino è pungente. C’è da inventarsi qualcosa per arrivare ancora vivo al pranzo che offrono alla mensa dei poveri. Vicino a te senti arrivare le macchine pulitrici degli spazzini, con una leggera sterzata, cambiano direzione per non investirti, passano oltre, come ogni mattina.

Verso le 8 inizi a riordinare, non hai l’orologio, ma sai sempre che ore sono, ti basta guardare il sole, ormai, conosci alla perfezione la sua danza giornaliera. Ti fa male la schiena, ogni mattina è sempre più difficile rimettersi in movimento alla tua età, dopo aver dormito tutta la notte sul duro lastricato di città, attenuato solo da un po’ di cartone.

Come un rito a te molto familiare, inizi a comprimere con cura il tuo sacco a pelo e lo riponi in quel borsone, tanto pesante quanto insufficiente per contenere tutta la tua vita. Dopo aver raccolto le tue poche cose, passi a piegare i due pezzi di cartone che ti hanno fatto da materasso, li sistemi con cura schiacciandoli tra una grondaia e il muro, nella speranza di ritrovarli a fine giornata. Ti auguri, infatti, che non passi nessuno di quei fautori del decoro pubblico che si indignano alla vista di un cartone in giro, anche se riescono a restare completamente indifferenti al pensiero che un uomo possa dormire per strada. Ormai conosci bene la mentalità borghese, e la sua congenita ipocrisia.

Finalmente apre la mensa, il tuo buono pasto scade tra qualche giorno e devi ricordarti di rinnovarlo, cercando di arrivare agli uffici di buon mattino per essere inserito nella lista dei pochi fortunati a cui viene concesso un pasto.

Il menù della settimana è fisso, e lo conosci a memoria: lunedì pasta al pomodoro, martedì minestra di verdure, mercoledì riso, e così via… Siete stati privati del diritto al gusto. I borghesi si indignano se osate lamentarvi delle cose che vi vengono elargite. Loro possono scegliere cosa comprare, possono ordinare ricercate prelibatezze al ristorante, possono gettare il cibo che ‘non gli va’, ma voi non potete esprimere le vostre necessità o semplici preferenze. Evidentemente solo i soldi lo rendono possibile.

Dopo aver mangiato ti siedi su un muretto vicino all’università, al tiepido sole del primo pomeriggio, ti verrebbe da addormentarti, per recuperare il sonno che hai perso durante la notte per il freddo e la scomodità, ma non puoi. Non è decoroso. Allora inizi ad osservare gli studenti che, usciti dalla lezione, passeggiano e parlano tra loro. Sorridenti e spensierati, si godono la loro gioventù. Ti immergi un po’ nelle loro vite, nei loro desideri. Ogni tanto qualcuno si ferma a parlare con te, riconosce il tuo volto, ti fa un cenno di saluto e ti chiede come stai. Per la maggior parte degli studenti però resti invisibile. Non esisti. Probabilmente hanno paura a farti entrare nel loro mondo, nel loro orizzonte di vita, perché rappresenti una delle più profonde contraddizioni di questa società, nella quale stanno provando con tutte le loro forze a inserirsi. Sono spaventanti dalla tua presenza, dal tuo dolore, preferiscono evitarti e continuare a vivere in quel finto svago e benessere che il Sistema propone.

Le ore del pomeriggio trascorrono in fretta, ti raggiunge qualche tuo fratello di strada. Si siede vicino a te per fare due chiacchiere sulle notizie che avete sentito in giro o letto sulle civette delle edicole. (A volte vi capita di parlare anche di calcio, conoscete a memoria i punti in classifica di ogni squadra e gli stipendi di ogni calciatore. Vi chiedete come sia possibile che nel mondo si tolleri il tenore di vita di un giocatore e al tempo stesso la vostra condizione indegna). Riflettere su queste cose ti fa indignare, ma poi la rabbia finisce, come sempre, per lasciare spazio allo sconforto. Quando affronti questi argomenti ti capita di prendertela anche con Dio, mi domandi come possa permettere queste clamorose ingiustizie e se sta dalla parte dei poveri o con chi ha successo.

«Dio sta dalla tua parte, fratello, puoi esserne certo. Questo mondo, l’ha esiliato e scartato, insieme a te. Quando credi che ti abbia abbandonato, ricordati che in quel momento Lui è seduto accanto a te, in attesa che qualcuno si fermi e dimostri compassione“, ti dico con vigore.

Vuoi liberarti da questi dolorosi pensieri, fissi il vuoto ascoltando una radiolina che un buon prete ti ha regalato. Il pomeriggio ormai sta finendo, il sole diventa sempre più debole, gli studenti si dileguano, le saracinesche dei negozi si abbassano, le macchine si dirigono lentamente fuori dalla città. Il mondo torna a casa. Tu no. Non hai una casa, non hai nessuno che ti aspetta. Questo è il momento più difficile da affrontare.

Poi verso le 23 arrivano gli operatori sociali per la distribuzione della cena. Scambi qualche parole con loro e con i compagni che si sono radunati lì per mangiare. Il freddo si fa sempre più penetrante, vi sedete su uno scalino e cercate inutilmente di alleggerire l’angoscia della solitudine che col buio si fa insostenibile ed opprimente.

Ormai è mezzanotte e il peso di un’altra giornata di vuoto si fa sentire. Inizia a piovere. Tornate ai vostri ripari: chi nella baracca, chi nella roulotte, chi, come te, nel vecchio sacco a pelo blu, in quell’umida via dimenticata nel cuore della città. La notte ti fa paura. Il buio che c’è fuori, lo percepisci anche dentro di te. Ti senti indifeso, non c’è nessuno che protegga il tuo corpo sfinito dalla strada. Speri che questa notte, come le altre, passi in fretta. Sistemi il cartone. Poi il sacco a pelo. Nonostante il tintinnio dell’acqua, chiudi gli occhi e provi ad addormentarti e a dimenticare.

Un altro giorno è passato pure per noi. E nuovamente abbiamo perso l’occasione di praticare la giustizia, di far germogliare il Regno di Dio. Tu ne sei la testimonianza vivente. La tua sofferenza condanna la nostra indifferenza, smaschera il nostro peccato.
Perdonaci, fratello.

Perdonaci, Signore, e convertici.

 

(tratto da: https://altranarrazione.blogspot.com/)

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