“Poesia n. 751” (1863)
Il mio valore è ciò di cui più dubito
il suo merito-ciò che più temo,
in tal confronto, il meglio di me
più umile appare.
Che io non risulti adeguata
alle sue amate richieste,
la preoccupazione prima
della mia mente assillata.
Eppure è vero: la divinità,
per naturale tendenza s’inclina
poiché a nulla si appoggia
più in alto di sé.
Così io- dimora imperfetta
della sua eletta letizia
-come fossi una chiesa- conformo
La mia anima al suo sacramento.
(E. Dikinson, Silenzi, Ed. Feltrinelli, pag. 117)
Emily qui rivela il suo senso religioso, il suo rapporto con Dio.
Rapporto mai messo profondamente in discussione, nonostante la sua avversione per un concetto di sacro istituzionalizzato.
Nella natura nelle sue manifestazioni luminose ella vede la presenza dell’Altissimo, si sente parte di un progetto che oltrepassa i confini della vita terrena, ama sprofondare nell’infinito mistero dell’universo.
In questi versi coglie con tremore, l’insperata attenzione di Dio per la sua insignificanza e con un’immagine bellissima descrive il creatore che s’inclina (per naturale tendenza), verso la sua creatura e la sua creatura diventa “chiesa”, diventa “segno” della sua presenza.
L’ineluttabile attenzione di Dio, dà senso alla nostra povertà di creature.
by ELISA_451