Carducci Liceo Classico Linguistico 39018 Bolzano
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trailer: https://www.youtube.com/watch?v=ep-O2Nl0P0s
Il film è stato selezionato come film d’apertura della sezione “Orizzonti” alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Racconta l’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, interpretato da Alessandro Borghi.
Il giovane geometra romano Stefano Cucchi viene fermato la sera del 15 ottobre 2009 dai carabinieri dopo essere stato visto cedere a un uomo qualcosa di non ben identificato. Viene perquisito e trovato in possesso di varie confezioni di hashish, cocaina e una pasticca di un medicinale per l’epilessia, di cui soffriva. Portato immediatamente in caserma, viene messo in custodia cautelare. Il giorno dopo, processato per direttissima, mentre al momento dell’arresto risultava molto magro e denutrito senza peraltro nessun trauma fisico, mostrava già difficoltà nel camminare e nel parlare ed evidenti ematomi agli occhi e sul volto. La giudice stabilisce che deve rimanere in custodia cautelare nel carcere di Regina Coeli, ma dopo l’udienza le condizioni del ragazzo peggiorano ulteriormente: viene quindi visitato in ospedale dove sono messe a referto lesioni, fratture ed ematomi diffusi su tutto il corpo. In carcere le sue condizioni peggiorano ulteriormente fino alla morte avvenuta il 22 ottobre. Le uniche informazioni che arrivano ai familiari, che dopo la prima udienza avevano cercato a più riprese e senza successo di vederlo o perlomeno conoscere le sue condizioni fisiche, sono quelle relative al decesso, unitamente a una richiesta di autopsia per capirne le ragioni
LA CRONACA DI UNA DISCESA AGLI INFERI CHE RIVELA LE STORTURE DEL NOSTRO SISTEMA DEMOCRATICO.
a cura di Paola Casella
L’ultima settimana nella vita di Stefano Cucchi è un’odissea fra caserme dei carabinieri e ospedali, un incubo in cui un giovane uomo di 31 anni entra sulle sue gambe ed esce come uno straccio sporco abbandonato su un tavolo di marmo. Alessio Cremonini ha scelto di raccontare una delle vicende più discusse dell’Italia contemporanea come una discesa agli inferi cui lo stesso Cucchi ha partecipato con quieta rassegnazione, sapendo bene che alzare la voce e raccontare la verità, all’interno di istituzioni talvolta più concentrate sulla propria autodifesa che sulla tutela dei diritti dei cittadini, sarebbe stato inutile e forse anche pericoloso.
Cremonini sposa il racconto della famiglia Cucchi e la loro denuncia di un pestaggio delle forze dell’ordine come causa principale della morte del detenuto affidato alla loro custodia, e anche se non ci mostra direttamente la violenza ce ne illustra ampiamente le conseguenze.
La sua narrazione è imbavagliata e compressa, un po’ perché l’iter legale è tuttora in corso, un po’ perché questo è un modo efficace per rappresentare il tunnel in cui Cucchi è entrato, le pareti sempre più strette intorno al suo corpo martoriato, fino alla scena in cui la testa di Stefano è letteralmente incastrata fra due supporti che sembrano una morsa, uno strumento di tortura medievale. Intorno a lui si muove un universo magmatico e incolore fatto di rifiuti e ostruzionismi, di autorizzazioni non concesse e responsabilità non assunte, di ottusa burocrazia e di ipocrisia travestita da rispetto delle regole.
Cremonini sceglie di non fare di Cucchi un santino, anzi, ne illustra bene le debolezze e le discutibili abitudini di vita. Stefano acconsente alla propria odissea perché si vive come una “cosa da posare in un angolo e dimenticare”: e perciò minimizza, non si fa aiutare, non cerca di rendersi simpatico, alle autorità come al pubblico. Ma è proprio sull’anello debole della catena che si misura la solidità di un sistema democratico, e giustizia, carcerazione e sanità dovrebbero comportarsi correttamente a prescindere dalla stima che nutrono per i soggetti affidati alla loro tutela