mercoledì, Dicembre 18, 2024

I due paradossi di San Lorenzo

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il ministro degli Interni Matteo Salvini semina odio, fomenta rancore sociale e l’occasione di speculare sulla terribile morte di una giovane ragazza deve essere sembrata imperdibile. Ed eccolo allora presentarsi nel cuore di San Lorenzo a promettere sgomberi e tolleranza zero verso ogni occupazione e disagio sociale in un quartiere stretto tra speculazione immobiliare e abbandono. Ma ieri ha sbagliato di grosso. I custodi del suo algoritmo avrebbero dovuto almeno dirgli che si trattava di un immobile abbandonato dalla proprietà.

E che era da tempo una centrale di spaccio di droghe. E avrebbero dovuto ricordargli che sta al suo ministero individuare e reprimere i centri di spaccio che stanno distruggendo le vite di tanti giovani e che soffoca interi quartieri come San Basilio, Corviale e San Lorenzo. Sono anni che gli abitanti del quartiere denunciano il degrado che sta inghiottendo il tessuto urbano. Le notti di San Lorenzo sono caos, rumori, disordine e sporcizia in ogni luogo. Queste voci sono state lasciate nell’oblio e gli abitanti si sentono abbandonati.

A San Lorenzo, poi, esistono anche due paradossi che dovevano essere portati alla conoscenza dal responsabile dell’ordine pubblico.

Il primo riguarda l’esistenza due piccole occupazioni di immobili fatiscenti, da tempo abbandonati, da parte di giovani. Quei giovani sono stati e sono in prima fila nella denuncia del degrado e degli spacciatori. Non ne parla nessuno perché è molto facile insistere nella vigliacca retorica della gioventù indifferente e degli occupanti balordi. Essi sono invece un punto di reale coesione per tanti giovani che non avrebbero altrimenti altri luoghi per incontrarsi.

Il secondo paradosso riguarda il destino delle ex Dogane di San Lorenzo, distanti pochi passi dal luogo della tragedia. Sono immobili di proprietà pubblica su cui c’è da anni un braccio di ferro tra la volontà di ricavarne il massimo dalla speculazione immobiliare e tutto il quartiere che chiedeva la garanzia di avere almeno spazi per la socialità. Appena qualche tempo fa la proprietà pubblica tentò addirittura di realizzare un gigantesco ipermercato che avrebbe cancellato il tessuto commerciale del quartiere. La volontà popolare ebbe la meglio ma da allora tutto è tornato nell’oblio. Anche lì, dunque, come a via dei Lucani, il degrado richiama ogni sera decine di spacciatori.

A San Lorenzo è dunque evidente una cruciale questione urbana. La proprietà immobiliare pubblica e privata non è più in grado di svolgere quel ruolo di garanzia di un equilibrato modo di convivenza civile che ha caratterizzato le nostre città. Pubblico e privato operano senza regole e cercano sono il massimo profitto. Sono numerosi nel quartiere gli esempi di speculazioni concretizzate a danno degli edifici vicini. Tre anni fa un privato si permise addirittura di chiudere un passaggio pubblico da sempre esistente per andare verso una piccola area verde perché ne rivendicò la proprietà assoluta. Non è così che si costruisce la città del futuro. Così la città pubblica scompare e lascia solo degrado e solitudine.

È indispensabile ritrovare una concezione delle nostre città e in particolare delle periferie che non mettano al primo posto la speculazione immobiliare, ma le persone in carne d’ossa con i loro bisogni di spazi di socialità negati. Ma sembrano discorsi vuoti. In queste settimane di discussione della manovra economica, si scopre che non c’è un’idea, né le risorse per la riqualificazione delle periferie urbane. La riconversione sociale delle città, l’unico obiettivo che può garantire convivenza e inclusione, non è dunque tema a cuore del governo gialloverde.

C’è solo il vergognoso condono edilizio per Ischia. Roma e tante altre città sono da tempo diventate gigantesche centrali di spaccio di droga. Salvini metta in moto tutte le conoscenze delle forze dell’ordine ma aiuti soprattutto a ritrovare la vivibilità perduta. Non è questione di immigrati e occupazioni. È il futuro delle città.

(Paolo Berdini, il manifesto, 25.10.2018)

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