mercoledì, Dicembre 18, 2024

Cina-Usa, la guerra economica in Africa

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Lo scontro economico tra Washington e Pechino, giocato sino ad oggi sull’imposizione di dazi fiscali, si sta ora concentrando anche sul territorio africano.

Lo scorso 3 settembre, il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato ufficialmente l’avvio di un piano di investimenti verso l’Africa per un totale di 60 miliardi di dollari. Il nuovo programma, reso pubblico dal leader di Pechino davanti a 50 capi di stati dei paesi africani in occasione del 7° Forum sulla cooperazione Cina-Africa, si pone in continuità con i massicci investimenti già sostenuti dalla Cina in Africa e rappresenta un’operazione strategica per rafforzare il progetto diplomatico-economico de La nuova via della seta.  Il nuovo piano, in particolare, prevede una spesa di circa 20 miliardi per l’apertura di linee di credito, 15 per aiuti a interessi zero, di 10 miliardi da destinare in fondi per lo sviluppo e la restante parte in operazioni volte ad agevolare le importazioni nel continente africano.

L’annuncio cinese, accolto molto favorevolmente dai diversi leader africani, ha destato tuttavia una certa preoccupazione da parte degli Stati Uniti che, attraverso le parole del segretario di stato Mike Pompeo, hanno criticato la politica economica estera della Cina: «Quando da Pechino si presentano con offerte che sembrano troppo belle per essere vere, spesso non lo sono». La critica di Pompeo non può essere ritenuta isolata ma segue, infatti, i pesanti giudizi negativi già espressi lo scorso aprile dall’ex segretario Rex Tillerson che senza tanti giri di parole aveva parlato dell’iniziativa cinese come di un’attività «predatoria» tesa a controllare il debito delle nazioni africane.

Oltre alle critiche, però, gli Stati Uniti, per arginare l’espansione cinese in Africa, stanno elaborando una revisione della strategia per gli investimenti esteri. Il Senato Usa ha già approvato, infatti, l’istituzione di una nuova agenzia finanziaria per lo sviluppo, la US International Development Finance Corporation (USIDFC), in grado di stanziare 60 miliardi di dollari attraverso investimenti diretti. Per l’entrata in vigore del decreto – conosciuto come Build Act (Better Utilisation of Investments Leading to Development Act – che aveva già ottenuto l’approvazione della Camera dei rappresentanti e che unirà le due agenzie già esistenti (Overseas Private Investment Corporation e l’Agenzia per lo sviluppo del credito per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti) manca solo la firma del presidente Donald Trump.

Se la penetrazione cinese in Africa ha destato numerosi dubbi circa le intenzioni degli investimenti (solitamente nel campo infrastrutturale) che più che raggiungere particolari obiettivi di sviluppo sembrano essere una chiave per controllare indirettamente numerosi stati africani, anche la riforma americana appare molto lontana dall’essere concentrata sugli interessi del continente.

Più che un nuovo modello per lo sviluppo, la mossa di Washington sembra un tentativo di recuperare un equilibrio geopolitico che in Africa pende ormai completamente in favore di Pechino.

(Giacomo Quartarol, Nigrizia, 29 ottobre 2018)

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