sabato, Dicembre 21, 2024

Omosessualità: la Chiesa finalmente si interroghi con onestà! (don Paolo Zambaldi)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Sono convinto che la scienza non abbia sempre tutte le risposte per spiegare la complessità e il mistero della creazione. Ma certamente bisogna riconoscere come il suo sviluppo abbia migliorato e arricchito la conoscenza umana, sfatando antiche credenze, superstizioni, paure.

 

La medicina in particolare, ha fatto passi da gigante, rendendo curabili malattie fino a poco tempo fa mortali, ha allungato la vita media, ha alleviato la sofferenza, ha scardinato pregiudizi millenari: ad esempio che la sterilità non è solo femminile, che il sesso del nascituro non dipende dalla donna, che la malattia non è una maledizione, che la pazzia non deve essere escludente…

 

La medicina, negli ultimi anni, ha anche affermato che l’omosessualità è una “variante normale” del comportamento sessuale umano, non una patologia che deve/può essere curata.

 

E non può essere “scelta”. 

 

Va accettata nello stesso modo in cui si accetta di essere biondi o bruni, piccoli o grandi, glabri o pelosi.

 

Ma questo risultato stenta ad essere recepito. Potenza del pregiudizio!

 

Anche se, a dire il vero, molte persone negli ultimi anni, hanno cercato di superare le loro ataviche condanne al riguardo. Merito però più dell’outing di persone conosciute, del buon senso e del semplice “parlarne di più” che di una corretta informazione scientifica.
 

 

Ciò è confermato da un’omofobia non ancora veramente sconfitta: essa rimane sottotraccia e periodicamente riesplode.  

 

Chi è rimasta a “marciare sul posto” è la Chiesa. Con dei distinguo. 

 

Ai vertici si continua con la solita algida difesa della teoria dell’omosessualità come disordine intrinseco, come pulsione da dominare e curare (il papa qualche tempo fa, ha detto che i bambini “sospetti” vanno portati dallo psichiatra!), e l’omosessuale come qualcuno sì da “accogliere”, “rispettare”, “amare”… ma con l’atteggiamento del “puro” verso il ”peccatore”, del “forte moralmente” verso il “debole”…  (Altrimenti non si comprenderebbero i continui distinguo: se casti sì, se sposati no, figli no, disposti a percorsi di cambiamento sì, felici della loro storia no…).

 

Alla base, invece, molte comunità cominciano ad accettare che l’omosessualità sia una “diversità normale”. Che ci siano donne che amano donne e uomini che amano uomini. Che le loro storie siano uguali a quelle di tutti: storie di condivisione, storie di tradimenti, storie di passioni, storie di abbandoni. Comprendono come le loro vite siano gravate dalla difficoltà e dalla sofferenza di farsi accettare dalle loro stesse famiglie, dai loro colleghi, dai loro amici e siano sempre umiliate dalla necessità di giustificare un orientamento che si sono ritrovate alla nascita e che non possono ignorare/reprimere, se non causando disastri peggiori. 

 

Mi chiedo perché una comunità di persone che crede in un Maestro che fa dell’amore la chiave del Regno, che si mette sempre dalla parte non solo dei crocifissi dalla storia ma anche dei crocifissi dal pregiudizio: lebbrosi, adultere, donne, schiavi, esattori delle tasse… non dovrebbe accogliere, benedire queste persone, questi fratelli così ingiustamente esclusi e perseguitati.

 

Gesù non ha forse detto: “Ogni volta che accoglierete uno di questi (poveri, esclusi, perseguitati…) accoglierete me”?

 

Non intendendo con questo quell’interpretazione spiritualista data per secoli dalla Chiesa, che nel povero/rifiutato/diverso si serve Gesù stesso, proprio la Sua persona (lo faccio per Gesù!): interpretazione che ha permesso a molti “buoni cristiani” di coniugare carità e odio per il povero “in carne ed ossa”, volontariato e razzismo, missioni e colonialismo, accoglienza e condanna morale/ annullamento della dignità. Gesù infatti voleva dire con quelle parole: non sono io quello che dovete adorare e amare nel chiuso delle vostre chiese/sinagoghe, quello che dovete fare è accogliere e amare ogni uomo e specialmente il più povero, il più solo, il più ingiustamente discriminato. Solo questo ha un senso, solo questo mi rende onore. Perché io sto dalla loro parte e voglio che lo siate anche voi. Loro sono “sacramento/segno” della mia presenza. Solo “fra” loro mi incontrerete!

 

Inoltre se essere cristiani è essere cercatori della verità, al di là di ogni pregiudizio, di ogni condanna preventiva, di ogni manipolazione, perché non ci si pone in atteggiamento dialogico? Perché non si studia? Perché non si ascolta la scienza? Vogliamo ritornare a Galileo che fu condannato per quello che vedeva con i suoi occhi, in nome di una credibilità clericale fondata su un’interpretazione monolitica della Bibbia?

 

Il fondamentalismo religioso che Roma (e una pletora di vescovi, preti e laici) non “stronca”, se non parzialmente e in modo contraddittorio, si alimenta invece di pregiudizi, vede in tutto ciò che attiene alla sfera sessuale, qualcosa di insano. Nega il valore del corpo, il coinvolgimento storico del Vangelo, il vivere il Regno qui e subito. Preferisce adorare e preservare lo Spirito di un Dio disincarnato, ben chiuso nell’oro dell’ostensorio, presente nel pane dell’ostia, ben al riparo dal mondo. Così al riparo da essere diventato inutile, insignificante feticcio per i puri custodi della tradizione cattolica.

 

Del resto solo con queste premesse si può conservare il potere, la casta clericale, il proprio posto accanto al trono.

 

“La dottrina. Salvare la dottrina. Non l’uomo!”

 

Che poi all’ombra della dottrina si possa commettere qualunque crimine è un’altra storia!
don Paolo Zambaldi

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