Dopo mesi di incertezze, al via l’operazione italiana in Niger per l’addestramento delle forze impegnate nel contrasto ai trafficanti di uomini
-I primi tre team sono già a Niamey, la capitale del paese del Sahel.
-La missione all’interno della base militare Usa, accanto all’aeroporto e, se il governo nigerino lo riterrà utile, in qualche caserma locale.
Missione bilaterale di supporto
Repubblica del Niger, ‘MISIN’
Niger, parte la missione italiana. «Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin) per incrementare le capacità di contrasto dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, in uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel».
L’operazione, che fa parte del pacchetto di missioni all’estero approvate a gennaio dal vecchio parlamento, si era impantanata per lo stop del governo locale.
Dietro a questo dietrofront quando nel paese erano già giunti 42 militari italiani, la Francia di Macron che con il paese del Sahel ha rapporti consolidati, retaggio dell’esperienza coloniale.
Tra Parigi e Roma, la questione Libia. E i militari italiani rimasti bloccati per tutto questo periodo nella Air Base 101 americana. Un dettagliato punto della situazione lo fa Francesco Palmas su Analisi Difesa.
Cosa ci aspetta in Niger
Un colpo di Stato tira l’altro. Tira aria di crisi in Niger, proprio quando arriviamo noi. Il presidente Mahamadou Issoufou, al potere dal 2011 col solito golpe, l’ennesimo dall’indipendenza del paese nel 1960. In cinquantotto anni, sette repubbliche, quattro costituzioni e altrettanti putsch. Nelle ultime elezioni, solo concorrente avversario in carcere, Issoufou si è accontentato del 92% di consensi. Nuovo governo di unione nazionale con primo ministro della comunità tuareg, a frenare le tendenze indipendentistiche dei gruppi tribali nomadi.
Dalla Parigi Dakar ai migranti. I tuareg nigerini, l’11% della popolazione, sono insorti più volte in passato, rivendicando la redistribuzione dei proventi minerari. Peggio dal 2009, con la soppressione della Parigi-Dakar imposta da al Qaeda nel Maghreb, che ha privato i tuareg dei dividendi del turismo avventuroso. In alternativa, l’immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani. Le rotte sono note, l’asse Tahoua-Tassara-Tchintabaraden-Ingal, con Niger transito e smistamento che ospita tuttora 300.000 rifugiati in fuga dai conflitti nei paesi vicini.
La via per la Libia. Secondo l’Ufficio Internazionale per le Migrazioni, il percorso via Niger è diventato la via prioritaria verso il sud della Libia. In mancanza di alternative a breve termine, i tuareg hanno dovuto arrangiarsi dedicandosi al traffico di stupefacenti e tabacco, su cui le autorità centrali chiudono un occhio. Gli allevatori nomadi tebu gestiscono invece parte dei traffici di clandestini e controllano il traffico di armi leggere dal Fezzan. In assenza di sostegni promessi alle federazioni tribali nomadi, il Niger rischia le sirene del jihadismo terroristico.
Il jihad che sconfina
l’ illusione G5 Sahel
Triplice frontiera fra Niger, Mali e Burkina Faso. Fra 300 e 500 jihadisti del cosiddetto Emirato del Sahara o dello Stato islamico nel Grande Sahara. A contrastarli, la missione francese nel Sahel. Elicotteri, caccia, droni Reaper, aerei da trasporto e 4.000 uomini: grosso sforzo per la Francia ma poca cosa in un territorio vasto come l’Europa. Il Niger è anche l’epicentro della presenza americana dal 2013. Almeno 800 Berretti Verdi sulla frontiera maliana. Anche la Cia con droni dall’aeroporto della città. Ricognizioni sul sud della Libia dal gennaio scorso.
Bomba demografica e Islam
In un continente africano che raddoppierà la popolazione nel 2050, il Niger ha più di 700.000 nuove nascite ogni 365 giorni. A favorire il fenomeno la poligamia favorita da un islam maggioritario. Da vent’anni una ‘reislamizzazione’ dai forti connotati wahhabiti. Crescono i fautori del sunnismo radicale, segnala Francesco Palmas, su Analisi Difesa. Cattolici nel mirino, come conferma il rapimento di padre Pierluigi Maccalli, avvenuto la settimana scorsa nella missione di Bomoanga, al confine con il Burkina, nella regione nigerina di Tillabéri.
Disparità folli
I 18 milioni di nigerini vivono oggi con 510 dollari annui a testa. Secondo l’ultimo rapporto del Fondo Monetario, il Niger è all’11° posto tra le nazioni più povere del pianeta, fra Afghanistan e Sierra Leone. E Niamey, la capitale più povera del Sahel. Il 60% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e il 7% soffre di carenze alimentari. Mentre il presidente Issoufou dispone di un patrimonio di 1,1 miliardi di franchi. Popolazione che sopravvive grazie agli aiuti internazionali in un paese ricchissimo di risorse minerarie, uranio in particolare.
(Remocontro, 25 settembre 2018)