Le esportazioni di armi impediscono lo sviluppo sostenibile e costringono le persone a fuggire facendo aumentare i numeri dei flussi migratori.
Riflessioni di Jürgen Grässlin sull’agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e le esportazioni di armidalla Germania.
Se si legge “suona bene”: “Con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la comunità internazionale esprime la convinzione che le sfide globali possono essere risolte solo con un azione comune e coordinata.”. Questo programma “getta le basi per il progresso economico globale in uno sviluppo armonico con la giustizia sociale e nel rispetto della terra (tenendo conto dei parametri ecologici necessari al nostro pianeta)”.
Il punto numero 16 della lista degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile, riconosce che questo tipo di progresso “non è possibile senza pace e stabilità”. La cooperazione allo sviluppo tedesca sostiene l’esigenza che “i paesi partner (della Germania) si debbano impegnare nel creare le condizioni politiche per uno sviluppo sociale, ecologico, ed economico”, secondo il Ministero tedesco per lo sviluppo (deutsche Entwicklungsministerium).
L’Agenda 2030 e i suoi 17 obiettivi sono stati adottati da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015. Tuttavia, queste linee guida (basate su cooperazione, trasparenza e rispetto dell’ambiente) hanno a che fare con la “realpolitik” dei cinque membri permanenti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, quanto “il diavolo con l’acqua santa”.
Per il periodo dal 2013 al 2017, gli Stati Uniti, la Russia, la Francia, la Cina e il Regno Unito hanno esportato il 73,2% (quasi i tre quarti!) di tutte le principali armi vendute nel mondo. Pertanto, questi paesi si posizionano rispettivamente ai posti 1°,3°, 5° e 6° nella classifica dello Stockholm Peace Research Institute SIPRI, che registra i trasferimenti di arsenali bellici di grandi dimensioni, come: carri armati, navi da guerra, elicotteri militari e aerei da combattimento. Al quarto posto di questa classifica di “mercanti di morte” si trova la Germania con una quota complessiva di esportazioni di armi del 5,8% sul totale.
Tra i maggiori beneficiari di questo commercio di armi vi sono numerosi stati che sono classificabili come “zone di guerra”: India (1° posto), Arabia Saudita (2), Egitto (3), Emirati arabi uniti (4), Algeria (7), Iraq (8) , Pakistan (9), Turchia (12), Israele (17), Qatar (20), Singapore (21) e Afghanistan (34) – per citare alcuni esempi che ben rappresentano l’intero fenomeno.
Con i loro trasferimenti di armi, sfrenati e senza scrupoli, verso teatri di guerra, i sei principali paesi esportatori danno un contributo importante all’escalation dei conflitti, prolungando guerre (anche civili), impedendo lo sviluppo sostenibile e mettendo in fuga milioni di persone dai loro paesi di origine.
Le spedizioni di armi dalla Germania distruggono le possibilità di sviluppo
Stando a quanto affermato dal governo di Belino, la Germania sosterrebbe “da molti anni la lotta contro le cause primarie delle migrazioni di massa”. Cioè si applicherebbero misure volte ad un intervento umanitario più rapido ed efficace, e alla cooperazione allo sviluppo con progetti a lungo termine.
Discorsi come questo sono al massimo “sedativi” per il popolo, perchè i fatti dicono tutto il contrario. Infatti come i precedenti, anche l’attuale governo federale della coalizione CDU / CSU-SPD, guidato da Angela Merkel e Sigmar Gabriel dal 2013 al 2017, ha attivamente sovvenzionato l’escalation della violenza e ha contribuito a stabilizzare regimi autocratici, repressivi e dittatoriali in molti paesi.
Il risultato più immediato è stato la fuga di milioni di persone che scappano da regioni di conflitto!
Con le sue esportazioni, quantificabili in miliardi di dollari, verso paesi che hanno governi e regimi che violano i diritti umani e promuovono guerre, il governo tedesco ha contribuito in maniera massiccia alla partenza di grandi masse di migranti in fuga da guerra e terrore. Questa politica governativa irresponsabile e disumana ha delle conseguenze, e non di poco conto! Negli ultimi anni più di due milioni di migranti in fuga hanno raggiunto la Germania.
Solo dal Kurdistan turco sono fuggiti più di un milione di persone principalmente a causa dell’impiego di mitragliatrici tedesche del tipo MP5 e di fucili d’assalto del tipo G3, prodotti su licenza di Heckler & Koch e del governo federale e realizzati dalla MKEK ad Ankara. Le armi leggere come queste sono nella lista resa pubblica della Small Arms Survey di Ginevra, che vede la Germania classificata al 4° nel 2014 tra i maggiori esportatori di armi a livello mondialie.
Che cosa ha imparato il governo tedesco da questi errori degli ultimi anni e decenni? Assolutamente nulla, come dimostra l’attuale rapporto sulle esportazioni di armamenti del governo federale per il 2017: il volume delle licenze individuali per la produzione di armi ammontava a 6,24 miliardi di euro. Infatti a “paesi terzi” particolarmente “instabili” e dalla dubbia reputazione (al di fuori della NATO e dell’UE), nel 2017 sono state concesse licenze per un totale di 3,8 miliardi di euro (dopo i 3,67 miliardi di euro nell’anno precedente).
La crescita è stata registrata anche nell’esportazione effettiva, cioè armi già assemblate e pronte all’uso: da 2,5 miliardi di Euro (2016) a 2,65 miliardi di Euro (2017). Citiamo solo alcuni esempi che possono aiutare a capire: è stata approvata la consegna di una fregata (nave militare) in Algeria e di un sottomarino in Egitto. Inoltre, la Germania ha permesso e sostenuto trasferimenti di armi verso l’Indonesia per un totale di 21 carri armati Leopard II, di altri 18 al governo di Singapore e 12 al Qatar.
Peggio ancora, il governo tedesco negli anni recenti ha concesso autorizzazioni per un export sempre più considerevole di armi da guerra a dittatori, regimi repressivi e signori della guerra in regioni già pesantemente segnate da conflitti sanguinosi.
Non c’è da stupirsi, quindi, che i terroristi di tutto il mondo stiano sparando con armi di produzione tedesca o costruite grazie alla concessione di licenze.
L’elenco è lungo e completo. Ad esempio, l’uso di fucili d’assalto G3 di Heckler & Koch da parte delle milizie talebane in Afghanistan è stato dimostrato e documentato da molti anni.
Queste armi “leggere” sono state prodotte sotto licenza alla Pakistan Ordnance Factory (POF) e apparentemente sono state fornite tramite agenti del servizio di intelligence pakistano.
Anche nei conflitti dell’Iraq i fucili tedeschi sono in uso per il combattimento. Già il 1 settembre 2014, il Bundestag tedesco aveva deciso (a grande maggiornza) di rifornire di armi i Peshmerga nel nord dell’Iraq – cosa che in larga misura è accaduta. Migliaia di fucili d’assalto G3 e G36 hanno raggiunto i loro destinatari nel nord dell’Iraq, così come la consegna di circa sei milioni di munizioni.
Ma le armi leggere tendono a “muoversi”… ad essere vendute e rivendute.
È stato ampiamente provato e documentato come sul mercato degli armamenti nel nord dell’Iraq, a Kirkuk e Erbil, fucili G3 siano stati acquistati dall’ISIS e usati poi contro i Peshmerga. L’origine di queste armi non è un segreto, è impresso sui fucili stessi: BW per Bundeswehr (esercito germanico).
A livello globale, le guerre in Iraq e in Siria hanno causato il maggior numero di vittime negli ultimi anni. In questa situazione, anche la Russia e i suoi “stati amici” hanno armato il regime siriano di Assad con le loro armi in modo che potesse restare al potere; mentre, a loro volta, gli Stati Uniti hanno passato molti anni ad equipaggiare gruppi ribelli/anti-Assad con armi avvalendosi della collaborazione di nazioni amiche e appartenenti alla NATO. Le conseguenze sono facili da immaginare: la regione è stata ridotta in macerie e milioni di persone sono state costrette a fuggire. Il sogno di uno sviluppo della regione è stato definitivamente distrutto per gli anni a venire.
In altre parole: le esportazioni di armi dei paesi ricchi ed industrializzati a favore di dittatori e regimi operanti in zone di guerra (in Medio Oriente, nel Maghreb e nei paesi in via di sviluppo del Sud) rappresentano una causa fondamentale del fenomeno della migrazione di interi popoli.
Dunque le persone devono fuggire non solo dall’uso di armi tedesche (che siano nelle mani di forze governative, unità di guerriglia o terroristi).
Coloro che seminano armi raccoglieranno rifugiati.
Il governo federale tedesco lo sa, e tuttavia continua ad autorizzare esportazioni di armi da guerra a barbari e macellai in zone di crisi e di guerra.
Questa politica del governo federale non è né attenta alla realtà sociale, né democratica, né cristiana!
È ipocrita… ipocrita e disumana: distrugge e impedisce lo sviluppo di paesi e di popoli piuttosto che promuoverlo.
Jürgen Grässlin, forumZFD, 23.08.2018 (liberamente tradotto da don Paolo Zambaldi)