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Il DdL Pillon sulla famiglia ci porta indietro di 50 anni

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
Il DdL Pillon compromette gravemente i diritti civili conquistati negli ultimi 60 anni. E la situazione diventa ancora più grave se si considerano i casi di violenza domestica. Ecco un’analisi della proposta di legge fatta dal Cadmi, Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate Onlus di Milano.
Il disegno di legge proposto dal Senatore Pillon sulla revisione della separazione e dell’affido ci porta indietro di 50 anni, e non è retorica. L’obiettivo non espresso, ma comunque evidente, è quello di rendere talmente complicata la strada per la separazione da far rinunciare tutte e tutti con evidente danno alla libertà di ognuno. La situazione diventa ancor più preoccupante quando la relazione intima è caratterizzata dalla violenza contro la donna

Di seguito, in sintesi, i punti critici del disegno di legge. 
1) MEDIAZIONE OBBLIGATORIA – Chi vuole separarsi/divorziare – prima di presentare l’istanza – deve iniziare un percorso di mediazione familiare. 

L’obbligo ostacola la libertà e il diritto dell’individuo di scegliere per la propria vita di relazione e, nel caso in cui ci siano figli minori, impone di effettuare una mediazione a pena di non poter presentare la domanda. 

La mediazione dovrebbe avere come presupposto la scelta volontaria delle parti. Nella proposta Pillon, vi è l’obbligo di promuovere/iniziare la “mediazione” a prescindere dalla volontà di una o di entrambe le parti e, soprattutto, senza tenere conto dei casi di violenza. È noto che è proprio nel momento in cui la donna sceglie di interrompere la relazione che si trova in maggiore pericolo. 

L’esperienza insegna che non si può condividere con il maltrattante neppure l’informazione di avere deciso di chiudere il rapporto, perché quello è il momento in cui la violenza del maltrattante arriva al suo apice. L’obbligo di mediazione impone alla donna non solo di dirlo, ma anche di discuterlo con il maltrattante violando apertamente il divieto di mediazione previsto dall’art. 48 della Convenzione di Istanbul.

L’obbligo aumenta i tempi per interrompere una convivenza – cosa che in molti casi di violenza risulta fatale – con la conseguenza che la donna che subisce violenza potrebbe essere obbligata a rimanere nella relazione di coppia fino alla maggiore età del figlio. 

L’aumento dei costi è esponenziale poiché non è prevista assistenza con patrocinio per la mediazione ed è evidente che si genera uno squilibrio tra chi può permettersi questa spesa e chi non può. 
2) FIGLI DELLA PATRIA – Spesso è impossibile provare ciò che succede tra le mura domestiche. Questo consente all’uomo maltrattante di fare in modo che quanto la donna denuncia non sia creduto e così finisce per attribuire alla donna manipolazioni che in realtà è lui stesso a mettere in atto. Il progetto di legge Pillon sostiene questo tipo di figura genitoriale.

Nelle situazioni in cui c’è contrasto (e peggio ancora dove non c’è conflitto ma aperta violenza) le decisioni riguardo ai figli sono rimesse al giudice attraverso un perverso meccanismo che porterà i genitori ad acuire lo scontro. 

Nel caso in cui un figlio “manifesta rifiuto alienazione o estraniazione con riguardo a un genitore” (tutti sentimenti presenti e legittimi che i figli possono manifestare) vi è la punizione anche per loro: l’altro genitore può vedersi limitata o perdere la responsabilità genitoriale, i figli vengono obbligati a stare di più con il genitore con cui hanno manifestato di non voler stare, fino al punto di poter essere prelavati di forza dalla loro casa e collocati presso una struttura specializzata, senza alcuna considerazione per il tanto sbandierato interesse del minore. 
3) FIGLI DIVISI I figli saranno costretti a rimanere per almeno 12 giorni con ciascun genitore, anche contro la loro volontà e senza considerare la loro età, i loro interessi, l’organizzazione e le condizioni di vita. 

Di fatto, avremo bambini divisi a metà, prescindendo dal loro stato d’animo, dalla loro volontà e, quindi, dal loro interesse. 
4) PIANO GENITORIALE – Nel momento peggiore della storia di una coppia si impone una discussione per redigere un piano genitoriale riguardante ogni aspetto di vita del figlio (luoghi, persone frequentate, scuola, attività, vacanze, etc…). Questi accordi rimarranno la base di riferimento anche in caso di successivo contenzioso e dovrebbero quindi essere scritti con la capacità di prevedere il futuro. 

Il progetto di legge fa aumentare le ragioni di scontro tra genitori, ancor peggio nei casi in cui viene agita violenza.

– Il DdL comporta la necessità di continue modifiche in base alla crescita del minore, con conseguenti potenziali scontri.

– Il DdL genera un aumento potenziale del contenzioso e dei tempi di contrasto, allungati dalla mediazione obbligatoria prima, e dal giudizio poi, con una lievitazione dei costi che potrà meglio sostenere il genitore economicamente più forte. Questo metterà in ginocchio chi ha meno risorse economiche, dando origine ad un’ingiustizia sociale evidente.
5) ASSEGNO DI MANTENIMENTO – Con il mantenimento diretto si vuole far passare l’idea che ciascun genitore sia nella condizione di dare al figlio pari tenore di vita. Ciò nei fatti non è vero: sappiamo che sono le donne a lasciare il lavoro quando nasce un figlio e sappiamo, ancora, che sono le donne ad avere perdita di potenzialità di sviluppo della carriera, con evidenti conseguenze economiche. È sufficiente guardare all’esigua percentuale di uomini che hanno usufruito del congedo parentale. 

Viene cancellato l’assegno di mantenimento a favore dei figli che serve a ri-equilibrare e suddividere in proporzione alle possibilità economiche di ciascun genitore il costo per il mantenimento dei figli.

I genitori devono suddividersi i costi per “specifici capitoli di spesa”, cosa che comporta evidenti complicazioni nella gestione ordinaria e un potenziale aumento del contenzioso, come se fosse possibile stabilire preventivamente tutte le future esigenze che si presenteranno per i figli. 

La disparità di capacità economiche dei genitori comporteranno una disparità di trattamento dei figli quando saranno con l’uno o l’altro genitore. 
6) CASA FAMILIARE Il diritto del minore di mantenere il luogo di vita in cui è prevalentemente cresciuto viene minato dalla previsione del pagamento di un indennizzo – canone di locazione ai prezzi di mercato – al “genitore proprietario” e quindi il coniuge economicamente più debole viene ulteriormente penalizzato e, di conseguenza, i figli. 

– Il progetto di legge tralascia volontariamente anni di studi sulla necessità di dare ai figli, proprio nel momento di maggiore sbilanciamento delle loro condizioni di vita, almeno la certezza di non perdere uno dei punti di riferimento più importanti, ossia il luogo di vita. 
7) ORDINI DI ALLONTANAMENTO E DI PROTEZIONE – La proposta di legge stravolge il senso della normativa approvata già nel 2001 su istanza dei centri antiviolenza per intervenire con misure cautelari nel momento di maggior pericolo per la donna. Con questo ddl, se la donna osa denunciare condotte maltrattanti e chiedere l’allontanamento di chi agisce violenza, rischia di essere accusata di provocare «grave pregiudizio ai diritti relazionali del figlio minore e degli altri familiari», con la conseguenza di scoraggiare ancora di più qualsiasi iniziativa di richiesta di intervento dell’autorità giudiziaria al fine di uscire dalla violenza.

Il rifiuto dei minori vittime di violenza diretta o assistita di vedere o rimanere con il genitore violento può essere considerato frutto di condizionamento da parte dell’altro genitore, vittima a sua volta di violenza. Non viene punito il maltrattante, ma la vittima e i minori.
(Corriere, 20 settembre 2018)

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