Nei Vangeli sta scritto che Gesù ha fondato la Chiesa? No, non sta scritto.
É un dato assodato, ormai, quello secondo cui il cristianesimo delle origini prese a distinguersi soltanto progressivamente dall’ebraismo, del quale costituisce un’interpretazione divergente rispetto a quella proposta dall’ortodossia giudaica contemporanea, legata al tempio di Gerusalemme ed al suo sacerdozio.
Gesù riprende tradizioni ebraiche, in particolare quella profetica e, ancor più significativamente, la tradizione di Isaia, il profeta le cui parole compaiono più volte sulla sua bocca all’interno dei Vangeli sinottici.
Gesù, potremmo dire, “non inventa nulla”:di certo, però, reinterpreta la tradizione in un modo originale e, per molti versi, “eversivo” (così come era eversivo per antonomasia l’annuncio profetico).
Gesù, allo stesso modo dei profeti, annuncia la vicinanza di Dio ai diseredati e si oppone ai poteri costituiti (politici e religiosi, profondamente collusi). La sua condanna alla morte di Croce (questo deve essere chiaro) è il frutto della sua polemica con l’establishment sacerdotale di Gerusalemme, non con il popolo ebraico: anche soltanto per il semplice fatto che non solo Gesù, ma persino tutte le sue prime discepole e i suoi primi discepoli erano ebrei sia pure ebrei di Galilea, quindi Ebrei non legati al giudaismo sacerdotale del tempio diffuso a Gerusalemme e nella Giudea).
Gesù è, come lo definisce il grande esegeta cattolico Meier, “un ebreo marginale”, dunque “eterodosso”, “non allineato”. Ma pur sempre, comunque, ebreo. La Chiesa cristiana nacque più tardi: originariamente, con ogni probabilità, il movimento (perché di questo si trattava, non di un’istituzione) cristiano delle origini si auto-interpretò; potremmo dire come una “riforma dell’ebraismo”.
E qui sorge il problema: per il cristianesimo storico, intendo, non certo per Gesù, nè per il movimento cristiano dei primi tre secoli.
Alessandro Esposito (pastore valdese), Gesù e la chiesa