Testo tratto dall’intervista al teologo di Nimega, Edward Schillebeeckx a cura di Francesco Strazzari:
«I domenicani, alcuni anni fa, lasciarono l’Albertinum, storico e celebre centro di cultura, per trasferirsi alle porte di Nimega, a Berg en Dal, nel mezzo di un bosco suggestivo. Sono una piccola comunità di gente anziana. A malincuore il teologo Schillebeeckx dovette dire addio alla sua cella che occupava dal 1958, quando, lasciata l’Università di Lovanio, venne chiamato a dare corsi di teologia, che lo resero famoso. È qui che incontro nuovamente p. Schillebeeckx (cf. Regno-att. 12,1997,344). La sua vita non è stata facile. Anche se un tempo ha detto di essere stato un “teologo felice”. Il tempo lo pone oggi di fronte alla sfida della precarietà.
«– Lei ha accennato alle difficoltà con Roma. Si conoscono i suoi processi. In quel tempo come viveva la fede? Come viveva il rapporto tra la sua fede personale e la fede della Chiesa e della grande Tradizione?
“Nel primo processo rimasi shockato. Mi domandavo: “Lavoro giorno e notte per la Chiesa. Perché vengo processato?”. Non avevo ancora adottato il metodo ermeneutico, ma cercavo di capire la storia, lo sviluppo storico della teologia. Successivamente avrei attinto agli studi della fenomenologia e dell’esistenzialismo. Era mia convinzione che la dottrina dovesse essere “riformulata”. Nei successivi processi mi sentii più libero. Capii che il linguaggio “romano” era diverso dal mio. Mi chiedevo: “Ma come fanno costoro a non rendersi conto che bisogna ri-attualizzare le verità?”. Non era la verità in quanto tale a essere messa in questione, ma la sua formulazione. Non riuscivo a rendermi conto come loro non capissero il mio linguaggio.
Ieri ho tenuto una conferenza, molto affollata, in una chiesa di Nimega. Ho parlato di Dio, del rapporto uomo-Dio, della fede. Qualcuno alla fine mi ha detto: “Che meraviglia! Un teologo che crede!”. Ho provato una grande gioia”.
– Ma come spiega la crisi di fede che caratterizza questo nostro tempo?
“Mi riferisco ancora alla conferenza di ieri. Paradossalmente posso affermare, che forse ho detto “eresie”, ma ho manifestato una grande fede nelle verità fondamentali: l’amore di Dio, la sua paternità, la redenzione… Verità però che sono state aristotelizzate, mutilate. Dio concepito come motore immobile… No, Dio è libertà assoluta e come tale è sempre nuovo per noi. Non cambia, ma stupisce sempre. In questo non sono d’accordo con san Tommaso e la scolastica: il rapporto tra la sostanza di Dio necessaria “ad intra” e il libero arbitrio “ad extra”. Per me la sostanza di Dio è “ab aeterno”. Egli è non per necessità, ma per sua propria volontà, libertà. Dio, libertà assoluta, è per noi una sorpresa continua. Dio è amore piegato sull’umanità”.
– C’è ancora posto per Dio in una società secolarizzata?
“C’è chi sostiene, anche qui in Olanda, che è la secolarizzazione stessa che invoca Dio. Nella sua autonomia l’uomo cerca e alla fine incontra. Dio non gli appare direttamente, ma attraverso mediazioni, che sono molteplici e varie. Dio spesso tace, ma parlano altri per lui. E nella notte oscura noi vediamo “angeli”. In catastrofi naturali o in avvenimenti drammatici, come di recente nel disastro di Volendam, noi vediamo angeli di bontà e di eroismo. Dio è presente e vicino. Anche nel non senso dell’esistenza e nel nichilismo c’è un drammatico interrogativo: che cosa c’è ancora? L’uomo è posto di fronte alla scelta tra nichilismo e fede, non come un tempo tra umanesimo e fede. L’umanesimo implicava una determinata interpretazione della fede, ma il nichilismo che cosa implica?
Qui vedo il compito della teologia: aiutare gli uomini a porsi domande fondamentali sul senso e non senso, sul presente e l’eterno…Porre al centro l’essenzialità della verità cristiana. Non passerà molto tempo e la secolarizzazione prenderà piede anche in altri mondi. Il problema è come essere cristiani in questo mondo secolarizzato. Come dovrà essere la fede cristiana? Perché sotto il nome di fede quante cose si sono fatte passare, e quante cose non si fanno in nome delle religioni! Va posta al centro la figura di Gesù Cristo, il prototipo dell’umanità.”»