“Die Priester sterben aus”, “i preti scompaiono”, ha scritto sul numero di maggio dello Stimmen der Zeit il gesuita Stefan Kiechle. La sua è un’analisi sullo stato della chiesa tedesca, la cui rappresentazione dà l’idea di un enorme moloch avviato sulla strada dell’implosione. Una morte per cause naturali, si direbbe, stando alla lettura delle cifre, asettiche e per questo testimoni più affidabili della gravità della situazione.
Quest’anno, nelle ventisette diocesi del paese, saranno  ordinati solo 61 sacerdoti. Erano 74 nel 2017 e 58 nel 2015 (punto più  basso mai toccato). Nel 1995, poco più di vent’anni fa, il numero si  attestò a 186. I sacerdoti attivi sono oggi 13.856, dei quali solo 8.786  “in servizio”. Solo tre anni fa erano 14.087. In quindici-vent’anni, ne  rimarranno pochissimi. Il problema è – aggiunge padre Kiechle – che  nessuno sembra pensarci. Si va avanti come si può, con accorpamenti di  strutture, messa in vendita di chiese e chiusura di spazi comunitari. La  diocesi di Treviri, lo scorso anno, ha deciso di passare da 863  parrocchie a 36. A Saarbrücken ci sarà solo una parrocchia per centomila  abitanti, con un parroco e qualche vicario. Thomas Sternberg,  presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi – organismo che  da tempo più spinge per riforme e aperture – ha detto alla Welt am  Sonntag che la situazione è “drammatica” e le ripercussioni saranno  “catastrofiche”. Non ci saranno più preti. 
Il numero delle celebrazioni domenicali, già ridotto da tempo, “è  crollato oltre la soglia del dolore”. Toni da Requiem, insomma. Ancora  più lugubri se si tiene conto delle “uscite” dalla chiesa cattolica,  cioè del numero di quanti dichiarano di non far parte più di quella  comunità e così non pagano più – tra le altre cose – la tassa. Nel 2015  gli abbandoni sono stati 182 mila, nel 2016 è andata un po’ meglio, ma  l’emorragia è continuata: nella sola diocesi di Essen (2 milioni di  cattolici, pari al 32 per cento dell’intera popolazione), a “uscire”  sono stati in quattromila. E proprio a Essen hanno deciso di indagare le  ragioni che spingono tanti battezzati a sottoscrivere il formale atto  di abbandono della chiesa cattolica. Lo scorso anno, con apprezzabile  rigore teutonico, è stato proposto a tutti gli interessati un  questionario, aperto anche a chi invece ha deciso di restare fedele. Le  risposte sono state quelle attese: perché si abbandona? “Per mancanza di  legame con la chiesa, per la Kirchensteuer, per l’atteggiamento della  chiesa non più in linea con i tempi, per le idee della chiesa sulla  donna e il celibato, per la discordanza sulle posizioni etiche”. Una  persona che ha risposto, riferiva il sito Settimananews (Dehoniane),  diceva di non poter “accettare la posizione della chiesa sugli  omosessuali, sulla contraccezione e sul celibato”. Un altro: “La chiesa è  estranea al mondo e non è mai stata in linea con lo spirito dei tempi”.  Le risposte, spiegava la diocesi di Essen, serviranno per implementare  uno dei tanti “piani per il futuro” sperimentati negli ultimi decenni  con cui si tenterà di mettere una toppa sul buco, anche svuotare la  barca che fa acqua con un cucchiaino da tè è un’operazione che appare ai  limiti della disperazione. (…)
(tratto da: Matteo Matzuzzi, Il Foglio, 11 maggio 2018)
