lunedì, Novembre 25, 2024

“Die Priester sterben aus” – “i preti scompaiono”… uno sguardo alla Germania

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Die Priester sterben aus”, “i preti scompaiono”, ha scritto sul numero di maggio dello Stimmen der Zeit il gesuita Stefan Kiechle. La sua è un’analisi sullo stato della chiesa tedesca, la cui rappresentazione dà l’idea di un enorme moloch avviato sulla strada dell’implosione. Una morte per cause naturali, si direbbe, stando alla lettura delle cifre, asettiche e per questo testimoni più affidabili della gravità della situazione. 

Quest’anno, nelle ventisette diocesi del paese, saranno ordinati solo 61 sacerdoti. Erano 74 nel 2017 e 58 nel 2015 (punto più basso mai toccato). Nel 1995, poco più di vent’anni fa, il numero si attestò a 186. I sacerdoti attivi sono oggi 13.856, dei quali solo 8.786 “in servizio”. Solo tre anni fa erano 14.087. In quindici-vent’anni, ne rimarranno pochissimi. Il problema è – aggiunge padre Kiechle – che nessuno sembra pensarci. Si va avanti come si può, con accorpamenti di strutture, messa in vendita di chiese e chiusura di spazi comunitari. La diocesi di Treviri, lo scorso anno, ha deciso di passare da 863 parrocchie a 36. A Saarbrücken ci sarà solo una parrocchia per centomila abitanti, con un parroco e qualche vicario. Thomas Sternberg, presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi – organismo che da tempo più spinge per riforme e aperture – ha detto alla Welt am Sonntag che la situazione è “drammatica” e le ripercussioni saranno “catastrofiche”. Non ci saranno più preti. 
Il numero delle celebrazioni domenicali, già ridotto da tempo, “è crollato oltre la soglia del dolore”. Toni da Requiem, insomma. Ancora più lugubri se si tiene conto delle “uscite” dalla chiesa cattolica, cioè del numero di quanti dichiarano di non far parte più di quella comunità e così non pagano più – tra le altre cose – la tassa. Nel 2015 gli abbandoni sono stati 182 mila, nel 2016 è andata un po’ meglio, ma l’emorragia è continuata: nella sola diocesi di Essen (2 milioni di cattolici, pari al 32 per cento dell’intera popolazione), a “uscire” sono stati in quattromila. E proprio a Essen hanno deciso di indagare le ragioni che spingono tanti battezzati a sottoscrivere il formale atto di abbandono della chiesa cattolica. Lo scorso anno, con apprezzabile rigore teutonico, è stato proposto a tutti gli interessati un questionario, aperto anche a chi invece ha deciso di restare fedele. Le risposte sono state quelle attese: perché si abbandona? “Per mancanza di legame con la chiesa, per la Kirchensteuer, per l’atteggiamento della chiesa non più in linea con i tempi, per le idee della chiesa sulla donna e il celibato, per la discordanza sulle posizioni etiche”. Una persona che ha risposto, riferiva il sito Settimananews (Dehoniane), diceva di non poter “accettare la posizione della chiesa sugli omosessuali, sulla contraccezione e sul celibato”. Un altro: “La chiesa è estranea al mondo e non è mai stata in linea con lo spirito dei tempi”. Le risposte, spiegava la diocesi di Essen, serviranno per implementare uno dei tanti “piani per il futuro” sperimentati negli ultimi decenni con cui si tenterà di mettere una toppa sul buco, anche svuotare la barca che fa acqua con un cucchiaino da tè è un’operazione che appare ai limiti della disperazione. (…)

(tratto da: Matteo Matzuzzi, Il Foglio, 11 maggio 2018) 

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