venerdì, Novembre 8, 2024

Mons. Agrelo: sugli immigrati gli europei stanno chiudendo gli occhi come i tedeschi sui campi di concentramento

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
L’Europa «sta assumendo» sui migranti «un atteggiamento simile a quello del popolo tedesco con i campi di sterminio». Sono parole dell’arcivescovo di Tangeri (Marocco) mons. Santiago Agrelo, che ha parlato il 4 aprile a O Grove, in Galizia, del dramma dei migranti: «Sono vittime della vita e del luogo dove sono nati. Solo per questo è toccato loro di soffrire un calvario continuo», ha detto. «So che posso sembrare esagerato, però la vita di queste persone mi tocca da vicino perché sono la mia famiglia». È dell’idea che, ha aggiunto, «il problema dell’immigrazione si risolverebbe se solo si volesse».
Nella foto mons. Santiago Agrelo

Non possiamo fare come i tedeschi dell’epoca nazista, «scusarci perché non sappiamo», in realtà «tutto fa pensare che la società sia indifferente». «Mi scandalizza – ha dichiarato – che la società non si attivi contro la morte di centinaia di migranti e lo faccia contro “el pregón” del carnevale di Santiago» 
(il riferimento è al discorso satirico – el pregón, appunto – tenuto durante il carnevale a Santiago de Compostela dal drammaturgo Carlos Santiago, che ha offeso la Vergine del Pilar e San Giacomo con parole ritenute decisamente blasfeme: ha tanto ferito la sensibilità religiosa che la Conferenza episcopale spagnola, la Federazione delle comunità ebraiche, la Commissione islamica e la Federazione delle entità religiose evangeliche di Spagna hanno firmato una nota congiunta per esprimere «preoccupazione e tristezza per le costanti e reiterate offese ai sentimenti religiosi dei fedeli delle diverse confessioni» e, «di fronte a questa situazione, chiedono reciproco rispetto per credenti e non credenti»).

«Bisogna cambiare», ha sostenuto l’arcivescovo di Tangeri, «abbiamo bisogno di una società più umana, nella quale ci sentiamo responsabili gli uni degli altri»
Qualsiasi altra cosa sarebbe «un suicidio».
(Eletta Cucuzza, Adista, 05/04/2018)
 

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