Il frutto di un cammino che il Paese ha messo in moto da decenni, questa volta aggiungendo uno sforzo in più. La promessa, dello Stato, di crederci, impegnarsi e monitorare.
Dall’inizio del mese di gennaio, l’Islanda ha fatto un passo in avanti rispetto al resto del mondo.
Ha fatto, in realtà, ciò che aveva promesso lo scorso 8 marzo: ha reso illegale pagare gli uomini più delle donne. Aziende e uffici pubblici con più di 25 dipendenti dovranno dimostrare che le donne sono pagate quanto i loro colleghi. Per chi non adempie alla norma è prevista un’ammenda di 400 euro per ogni giorno di paga non equa.
Un passo che è frutto di un cammino che tutto il Paese sta facendo verso l’uguaglianza di genere.
In ottobre migliaia di donne in tutta l’Islanda avevano abbandonato il posto di lavoro alla stessa ora per protestare contro la differenza di paga rispetto agli uomini. Ma prima, nel 2013, una contabile di un ufficio municipale aveva denunciato il fatto che un suo collega, che svolgeva le sue stesse mansioni veniva pagato più di lei. La commissione governativa le aveva dato ragione e lo stipendio del suo collega era stato abbassato.
Attenzione. La legge non comporta che le aziende debbano pagare lo stesso stipendio a tutte le persone che svolgono lo stesso lavoro: possono scegliere di regolare gli stipendi in base all’esperienza, alle prestazioni e ad altri aspetti. Ciò che però devono fare per legge è dimostrare che le differenze salariali non sono dovute al genere dei lavoratori.
Secondo alcuni esperti, la nuova legge permetterà di individuare tutti i casi di ingiustizia, ma non sarà la “bacchetta magica” che risolve la questione degli stereotipi per cui gli uomini sono più adatti delle donne a fare certi lavori.
Tuttavia l’Islanda, come l’Italia, aveva da diversi anni una legge che prevedeva la parità salariale fra uomini e donne, ma il gap è comunque sopravvissuto nel tempo. Così il Governo ha deciso di introdurre una nuova misura che mettesse a nudo le differenze e permettesse così di sanzionare eventuali discriminazioni.
In Italia, come negli Stati Uniti e in molti altri paesi, la legge prevede che le aziende siano monitorate costantemente anche sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni, relativamente a molti fattori tra cui anche la retribuzione.
L’Islanda, quindi, non ha inventato nulla che noi non avessimo già. La questione è solo far applicare le norme una volta che sono state approvate dal Parlamento.
Attraverso una rivista, un sito web e social media correlati promuove la dignità di ogni persona nel rispetto delle differenze di genere, di cultura e di religione, per far crescere società inclusive attente al bene comune.
Il nome stesso, “Comboni-fem”, esprime il valore della prospettiva femminile nella comunicazione, perché il contributo delle donne è vitale alla rigenerazione dell’umanità.
Per questo il sito e la rivista accolgono e fanno conoscere esperienze, contributi e opinioni di persone con culture e tradizioni religiose diverse, privilegiando lo sguardo e la voce delle donne, in Italia come in altri Paesi del mondo.
Giustizia sociale, diritti e dignità, pari opportunità, pace e custodia del creato, costituiscono piste importanti nel cammino verso un altro mondo possibile.