Chi avrebbe potuto immaginare un catalano uscire dalla sua terra, non tornarci più e innamorarsi dei popoli indigeni dell’America Latina?
Chi avrebbe potuto immaginare, in piena dittatura  imprenditorial-militare, ai confini dell’Amazzonia, un uomo magrolino  riempirsi di fede e di coraggio per denunciare ed esigere giustizia, in  difesa dei lavoratori e dei popoli indigeni e contadini umiliati e  sfruttati?
Chi avrebbe potuto immaginare che, minacciato di morte dai  latifondisti della regione, si recasse nel 1976 alla centrale di polizia  per intercedere per due donne povere che venivano torturate e che uno  dei poliziotti uccidesse il suo compagno, padre João Bosco Burnier,  scambiandolo per lui?
Chi avrebbe potuto immaginare che un uomo di Chiesa opponesse  resistenza, fino agli ultimi istanti, alla sua nomina episcopale, finché  non era venuto a convincerlo il suo migliore amico, il vescovo dom  Tomas Balduino?
Chi avrebbe potuto immaginare che, quando pochi potevano farlo,  egli si impegnasse, a partire dagli anni ’70, in difesa della causa dei  popoli del Nicaragua, di Cuba, del Guatemala…?
Chi avrebbe potuto  immaginare che quest’uomo, oltre che pastore e profeta, fosse anche un  grande poeta? Che usasse le lettere e la forza delle parole per  denunciare l’ingiustizia, solidarizzare con i lavoratori e predicare il  cambiamento? Che con la sua vocazione letteraria aiutasse a scrivere la  Messa della terra senza mali, la Messa dei quilombos, cantata dal nostro  amato Milton Nascimento e da altri musicisti, e scrivesse centinaia di  poesie che esprimono il linguaggio dell’anima e del cuore?
Chi avrebbe potuto immaginare che, malgrado vivesse nella remota  São Felix do Araguaia, con le difficoltà di comunicazione dell’epoca,  contribuisse in maniera decisiva ad articolare e fondare, per prima  cosa, il Consiglio indigenista missionario (Cimi), in seno alla Cnbb (la  Conferenza episcopale brasiliana) per difendere i popoli indigeni e,  poi, la Commissione pastorale della terra (Cpt), come servizio ecumenico  dei cristiani in appoggio all’organizzazione dei contadini brasiliani?  Chi avrebbe potuto immaginare che un vescovo brasiliano, con tutto il  suo potere e la sua influenza, preferisse vivere come un povero tra i  poveri, con i suoi sandali infradito e la sua saggezza di vero maestro?  Chi avrebbe potuto immaginare che avesse il coraggio di andare a Roma e  di dire cosa andava detto al potente cardinale Ratzinger? (Pedro è stato  un difensore attivo dell’ecumenismo, di tutte le pratiche e credenze  religiose, di un Dio-padre-madre-fratello, di tutti e di tutte, che  appare in diverse forme e pratiche, anche, a volte, nelle manifestazioni  della natura e soprattutto nella voce del popolo!). Chi avrebbe potuto  immaginare che, malgrado la sua lunga convivenza con “fratello”  Parkison, non provasse mai sconforto, rifiutandosi di trasferirsi in  altri centri con una migliore assistenza sanitaria?
Pedro è diventato un grande brasiliano e latinoamericano. Un  esempio di lotta, di dignità e di coerenza. È il nostro orgoglio, quello  dei popoli indigeni, dei contadini, dei poveri e di tutte le Chiese,  con i suoi 90 anni di coraggiosa testimonianza e di parola che ha sempre  amato usare.
Una volta disse ai giornalisti della stampa borghese che  criticavano le nostre occupazioni di terra: «Se il Movimento dei Senza  Terra non esistesse, bisognerebbe inventarlo!». 
Il MST è orgoglioso del suo affetto ed è grato per il suo esempio! 
(Ho conosciuto dom Pedro durante un’occupazione urbana, a Vila  Santo Operário, a Canoas, nel Rio Grande do Sul, nel 1979, insieme ad  Antonio Cecchin. Coltivo da allora nei suoi confronti ammirazione e  amicizia. Ha partecipato a molte attività del MST e ci ha sempre aiutato  con la sua presenza, le sue riflessioni, i suoi scritti e soprattutto  il suo esempio. È stato uno dei privilegi che la vita mi ha dato). 
(João Pedro Stédile, Adista Documenti n° 9 del 10/03/2018)
