giovedì, Aprile 18, 2024

Il cristianesimo universale (Fëdor Dostoevskij)

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

“Dirò soltanto di ciò che è più importante ed essenziale nell’attività di Dostoevskij. Data la natura così ricca e complessa di cui lui era dotato, data la sua straordinaria impressionabilità e la sua attenzione premurosa verso tutte le manifestazioni della vita, il suo mondo spirituale presenta una varietà di sentimenti, di pensieri e di slanci troppo grande perché la si possa far rivivere nel breve spazio di un discorso.

Ma, verso tutto mostrandosi pieno di sollecitudine e di intimo ardore, egli riconobbe sempre una sola cosa come assolutamente necessaria, una cosa a cui tutto il resto doveva adattarsi.  Quest’idea centrale al cui servizio Dostoevskij si pose nel corso di tutta la sua attività fu l’idea cristiana della libera unione di tutta l’umanità e dell’universale fratellanza nel nome di Cristo.  Quest’idea fu predicata da Dostoevskij quando egli parlava della Chiesa autentica, dell’ortodossia universale: appunto in essa egli scorse l’essenza spirituale, che tuttora attende di manifestarsi, del popolo russo; vide in essa la missione storica della Russia valida per tutto il mondo; vi lesse quella nuova parola che la Russia deve enunciare al mondo. Sebbene già diciotto secoli siano trascorsi da quando questa parola fu per la prima volta annunciata da Cristo, essa risuona in verità ai nostri giorni come una parola affatto nuova; e un tale predicatore dell’idea cristiana, quale fu Dostoevskij, può essere chiamato a buon diritto il “chiaroveggente anticipatore” del vero cristianesimo

Per lui il Cristo non fu soltanto un fatto appartenente al passato, un miracolo lontano e inaccessibile alla mente. Se si guarda così alla figura di Cristo, si può facilmente ridurlo ad un’immagine morta, davanti alla quale si piega il capo nelle chiese nei giorni festivi, ma per la quale non c’è posto nella vita. Allora tutto il cristianesimo si apparta tra le pareti d’un tempio e scade a puro rito e a recita di mere formule di preghiera, mentre la vita attiva rimane a tutti gli effetti non cristiana.

Una simile Chiesa esteriore contiene pur sempre la vera fede, ma questa fede è tanto debole che basta appena per i fugaci momenti festivi. É questo il cristianesimo del culto esterno. Ed esso deve esistere, cronologicamente, prima di tutto, poiché sulla terra la forma esteriore precede il contenuto interiore; ma questa esteriorità da sola non può bastare.  

C’è un altro aspetto e grado del cristianesimo, dove esso non si appaga del servizio liturgico, ma vuole guidare la vita attiva dell’uomo. Esso esce allora dal tempio e va ad abitare nelle dimore degli uomini. Il suo dominio è la vita interiore individuale. Qui il Cristo appare come l’ideale morale supremo, e la religione si concentra nella moralità personale, sicchè tutto si risolve nella salvezza dell’anima umana individuale. C’è anche in questo cristianesimo la vera fede, ma anche qui essa è pur sempre debole; essa basta soltanto per la vita personale e per le faccende private dell’uomo. É questo un cristianesimo domestico. Esso deve esserci, ma nemmeno questo cristianesimo è sufficiente. Infatti esso lascia in disparte tutto il mondo comune a tutti gli uomini, tutte le attività sociali, civili e internazionali: tutte queste cose le trascura e le abbandona in balia di principi cattivi e anticristiani

Ma se il cristianesimo rappresenta la verità suprema e assoluta, altro è ciò che esso deve essere. L’autentico cristianesimo non può essere soltanto domestico o soltanto ristretto al culto; ma deve essere ecumenico, deve diffondersi su tutta l’umanità e su tutte le attività umane. E se Cristo è realmente l’incarnazione della verità, egli non deve restare soltanto un’effige clericale, né soltanto un ideale personale: noi dobbiamo riconoscerlo come un principio storico-universale. Tutte le azioni e le relazioni umane, di tutti e dappertutto, debbono essere, in ultima analisi, governate dallo stesso principio morale che noi riveriamo nei templi e che riconosciamo nella nostra vita familiare: dal principio cioè dell’amore, del libero accordo e dell’unione fraterna. Questo cristianesimo universale, appunto, fu professato e annunciato da Dostoevskij. 

Un cristianesimo clericale e domestico esiste nella realtà: è un fatto. Il cristianesimo universale non esiste ancora nella realtà: la sua è soltanto una missione; 

Ma quale enorme missione… apparentemente superiore alle forze umane!”

 

 

(Vladimir Solov’ëv, Dostoevskij, Milano, 1981, pag. 59-61)

 

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