La dirigente di un plesso scolastico di piuttosto noto a Roma, solido baluardo delle tradizioni di una certa destra cattolica, per la Festa del Papà del 19 marzo mi ha chiesto di scrivere una nuova filastrocca da fare imparare ai bambini della materna in sostituzione delle vecchie, cantilene ormai vetuste e poco aderenti alle nuove famiglie reali che compongono le nostre società e che ne costituiscono il tessuto più vivo e vivace. Ho assunto l’incarico con convinzione, certa di contribuire a versare la mia goccia nel mare dell’evoluzione, perché da tanti anni ormai penso che siano l’arte e la cultura da una parte, e l’infanzia e la scuola dall’altra, i veri traini per traghettare la nostra vecchia povera Italia verso il suo futuro. Un futuro fatto di accoglienza e umanità, di leggi giuste e inclusive, di persone aperte al confronto e al dialogo, pronte a proteggere il passato e l’identità ma anche a fare spazio al nuovo.
Così, mentre molti italiani danno credito all’omofobia di Matteo Salvini, di Silvio Berlusconi, di Giorgia Meloni, che hanno basato parte della loro recente campagna elettorale sull’abolizione dei tiepidi diritti appena conquistati dalle coppie omosessuali, incuranti di un’Europa che, proprio un anno fa, raccomandava all’Italia di portare a compimento le norme sulle unioni civili regolamentando la stepchild adoption, altri, più illuminati, si rimboccano le maniche e danno vita a una innovazione sociale dal basso.
In questi giorni, è con orgoglio che sto monitorando le reazioni dei bambini alla mia filastrocca, mentre le maestre, in prima linea sull’iniziativa insieme alla dirigente, con altrettanto orgoglio insegnano alla loro classe che cosa sia l’inclusione, il valore delle differenze, l’accoglienza. In realtà le due educatrici stanno facendo moto di più: stanno seminando in 23 bambini di 4 anni quello che diventerà un frutto molto importante, ossia la capacità di convivere con realtà multilivello. Come infatti scrivevo a proposito di Librì Progetti educativi, casa editrice, come anche Lo Stampatello, impegnata nel creare una cultura, presso i bambini, che racconti la nuova contemporaneità, la ristrutturazione e lo sviluppo del nostro Paese passa dall’educazione dei figli di oggi, che saranno la classe dirigente e i leader di domani.
“I nostri bambini hanno in classe un bambino con due mamme – spiega una delle educatrici – e hanno subito accettato senza alcuna difficoltà la particolare realtà affettiva del loro compagno. Un paio di volte è capitato che qualcuno chiedesse come mai lui non avesse un papà, una bambina gliene voleva comprare uno. Così ha detto, ma la risposta contenente un dato di realtà: lui aveva due mamme, bastava e avanzava. Siamo noi adulti che assegniamo valori ai fatti. Ma per i bambini i fatti sono fatti. Non che non siano capaci di distinguere il bene dal male: piangono alla vista della violenza o davanti alla morte, gioiscono di fronte ai sorrisi o agli abbracci. Ma se una famiglia è composta da due mamme, o due papà, o da un solo genitore, oppure si tratta di famiglie allargate e ricomposte, per loro non conta: sono felici dove c’è amore, infelici dove non c’è”.
L’altra educatrice entra nel merito della filastrocca: “La stanno imparando a memoria come accade per tutte le altre filastrocche, quelle di Natale, della Pasqua, della Festa della Mamma, etc. Abbiamo chiesto loro di rappresentare con un disegno la frase che più li colpiva della filastrocca, e tutti scelgono passi diversi. Il bambino in questione si è soffermato dove si è visto riconosciuto, quando arriva la parte sulle due mamme. Grazie a questi versi, la festa non sarà per lui un momento di esclusione: anzi, è la sua comunità, lui compreso e tutti insieme, a festeggiare tutti i papà del mondo, ognuno partendo dalla sua realtà particolare”.
In Italia le scuole da qualche tempo stanno effettivamente cominciando a prendere iniziative in risposta alle nuove società e alle nuove famiglie. Molte hanno evitato di festeggiare in classe la Festa della Mamma o del Papà, altre hanno continuato come da tradizione, incuranti dell’esclusione di quei bambini che mancano di uno o dell’altro genitore (spesso purtroppo anche a causa di lutti), altre ancora, come in questa classe della capitale, vera pioniera, cercano di ridisegnare l’immaginario, inventare nuovi scenari virtuosi che possano includere tutti, dando un nuovo significato alla realtà, che nel frattempo, secolo dopo secolo, cambia e si rinnova.
E i genitori? “L’intera classe è stata collaborativa – continuano le maestre – ci siamo confrontati per un anno tutti insieme, anzi, questa è stata l’occasione per ragionare come collettività, mettere insieme punti di vista diversi, trovare compromessi, innescare un dialogo, sviluppare valore. Adesso il gruppo delle mamme è diventato un gruppo di amiche, ognuna con le sue idee ma tutte unite nel rispetto della felicità di ogni singolo bambino e nell’assumersene la responsabilità”.
Ed ecco la mia filastrocca, se qualche altra scuola volesse adottarla:
Per la festa dei papà
noi gridiamo ippippurrà
bimbi, mamme, grandi e piccini
tutti insieme vicini vicini
per donare al festeggiato
il nostro abbraccio a perdifiato!
Che sia alto oppure basso
che sia magro oppure grasso
che sia brutto oppure bello
molto arguto o matterello
non importa per davvero
noi lo amiamo tutto intero!
Chi ha una mamma ed un papà
chi ha due mamme o due papà
siamo pronti in girotondo
per creare un sottofondo
di canti, di rime e di tanta dolcezza
per ogni famiglia, la vera fortezza!
(Eugenia Romanelli, Il Fatto Quotidiano, 14 marzo 2018)