mercoledì, Novembre 20, 2024

Card. Sarah: la comunione nelle mani è un atto diabolico

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).
CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «La comunione nelle mani del fedele è un attacco diabolico all’Eucarestia», è «una mancanza di rispetto verso Dio». Torna, il card. Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ad esprimere le sue idee conservatrici in fatto di liturgia. Nella prefazione al libro di un sacerdote italiano, Federico Bortoli, intitolato La distribuzione della comunione sulla mano. Profili storici, giuridici e pastorali (Cantagalli, 2018), scrive che «l’attacco malvagio più insidioso consiste nel cercare di spegnere la fede nell’Eucarestia seminando errori e favorendo una forma inadeguata di riceverla». Colpire «il sacrificio della Messa e la presenza reale di Gesù nell’ostia consacrata» è «l’obiettivo di Satana». «La guerra fra l’Arcangelo Michele e i suoi angeli, da una parte, e Lucifero, dall’altra, continua nei cuori dei fedeli», è la convinzione del cardinale. «Perché – si chiede – questa mancanza di sottomissione ai segni di Dio? Riceverlo in ginocchio e sulla lingua è un modo molto più adeguato per il sacramento stesso».

Il card. Sarah è stato già “ripreso” da papa Francesco. Una prima volta (luglio 2016) quando aveva proposto, con grandi applausi dei tradizionalisti, che i sacerdoti tornassero a dir messa spalle al popolo e che avrebbe voluto approntare con il pontefice «una riforma della riforma» liturgica del Concilio Vaticano II. Il papa l’aveva immediatamente stoppato, “ricevendolo” in udienza. Di lì a qualche ora, in una dichiarazione della Sala Stampa vaticana si poteva leggere: «Alcune sue [di Robert Sarah] espressioni sono state tuttavia male interpretate, come se annunciassero nuove indicazioni difformi da quelle finora date nelle norme liturgiche e nelle parole del Papa sulla celebrazione verso il popolo e sul rito ordinario della messa».

Altro richiamo nell’autunno dell’anno scorso: con una lettera personale del 15 ottobre (v. Adista Notizie n. 38/17), papa Francesco ha corretto il prefetto che, al Motu Proprio Magnum Principium che delega alle Conferenze episcopali le traduzioni dei testi liturgici, aveva risposto, il primo ottobre, con un “Commentaire” ribadendo che il documento «non modifica in alcun modo la responsabilità della Santa Sede, né, di conseguenza, le sue competenze in merito alle traduzioni liturgiche», e che Roma avrebbe dunque l’ultima parola sulle traduzioni. Con un tono piuttosto asciutto, il papa affermava di voler «esprimere semplicemente, e spero chiaramente, alcune osservazioni sulla sopramenzionata nota che ritengo importanti soprattutto per l’applicazione e la giusta comprensione del Motu Proprio e per evitare qualsiasi equivoco».
(Eletta Cucuzza, Adista, 26/02/2018)

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