Per questa II domenica di Quaresima in cui il Vangelo ci porta a una comprensione profonda del “mistero” di Cristo… Per andare oltre le scenette un poco “fumettistiche” ecco una riflessione interessante dell’amico e “filosofo di strada” Augusto Cavadi:
“La scena biblica della trasfigurazione di Gesù è così ben costruita  da attrarre irresistibilmente i pittori di ogni generazione. Che sia il  resoconto di un evento storico è ormai opinione scartata da quasi tutti  gli esegeti, ma – in ogni caso – è evidente che ad avere rilevanza sia  il suo significato simbolico. Gesù riprende, porta a compimento e  trascende la Legge (Mosè) e i Profeti (Elia): i redattori del testo di  Marco fissano, in un clima di polemica con gli altri Ebrei, ciò che li  lega alla Tradizione ma anche ciò che irreversibilmente li separa da  essa. Come mai il Predicatore ambulante di Galilea giocherebbe un ruolo  tanto rilevante nella storia dell’ebraismo? Perché Dio stesso, l’Eterno,  lo avrebbe riconosciuto come “Figlio”.
Questo titolo – “Figlio di Dio” – ha acquistato nei secoli  successivi un peso così decisivo da meritare qualche momento di  approfondimento. Innanzitutto va notato che non è Gesù stesso ad  auto-presentarsi con questa denominazione: è piuttosto la comunità dei  discepoli – “Pietro, Giacomo e Giovanni” – a considerarlo tale su  suggerimento della Voce. E, comunque, nel I secolo il “Figlio di Dio”  non era un Essere di consistenza ontologica pari al Creatore, bensì una  creatura umana da Lui prescelta per svolgere una particolare missione in  terra. Dimenticare questo dato filologicamente assodato comporta il  rischio di espellere il Maestro dal genere umano, considerarlo un Essere  celeste da adorare più che da imitare, esonerandosi dalla fatica di  proseguire l’opera da Lui avviata.
Di che opera si tratta? Non è un riformatore religioso:  «Più che alla ‘casa di Dio’, che non mancava di tutori, per lui c’era da  badare a quella degli uomini, attraversata da squilibri, soprusi,  violenza, ingiustizie, che sentiva necessario provare a scoraggiare,  fino a farli scomparire» (Ortensio da Spinetoli). Non è neppure una  vittima sacrificale che offre il proprio sangue a Dio per lavare i  peccati degli uomini: ciò contrasta con «l’insistente predicazione  innovativa di Gesù sul Padre», ben diverso dal «terribile Jahwè,  fotocopia del Giove olimpico o capitolino, per non parlare degli altri  loro omonimi d’Egitto o del Vicino Oriente» (Ortensio da Spinetoli). È  piuttosto un profeta che propone, in nome di un unico Padre, di assumere  con serietà la dimensione della fraternità e della sororità: in un  mondo dilaniato dall’invidia, dalla gelosia e dal risentimento fra  fratello e sorella, fra famiglia e famiglia, fra popolo e popolo, egli  ricorda che così si va dritto verso il baratro dell’auto-distruzione  collettiva. Verso la morte. L’inversione di marcia – la “conversione” –  consisterebbe in un processo di cambiamento, personale e collettivo, in  direzione della sobrietà, della condivisione solidale, del soccorso  reciproco, dello scambio gratuito. In direzione della vita.
La pericope odierna si chiude con un dubbio: cosa  intendere per “resurrezione dei morti”? È un dubbio che, a venti secoli  di distanza, ci attanaglia come allora. Volumi e volumi di teologi –  oscillanti fra interpretazioni letterali, quasi materialistiche, e  interpretazioni simboliche, quasi irrealistiche – non hanno chiarito le  nostre perplessità e, in più di un caso, le hanno attorcigliate e  aggravate. Una cosa soltanto è certa: che siamo immersi in una storia  contraddittoria, intessuta di luci e di ombre, di amori e di odi.  Riconoscersi discepoli di questo “figlio di Dio” significa rintracciare,  ovunque si trovino, i germogli di vita e lasciar imputridire i semi di  morte. Non so se, e come, ciò ci consentirà di sperimentare una  “resurrezione” oltre-mondana, ma so che ci consentirà di sperimentare,  in questa terra, la “risurrezione” dallo stadio di mortali capaci solo  di contagiare morte.”  
(Augusto Cavadi ha insegnato per molti anni Filosofia,  Storia ed Educazione Civica nei licei. Attualmente si dedica alla  scrittura e dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza” da  lui fondata (www.augustocavadi.com)
