Nel colloquio con i gesuiti in Cile il Papa parla anche di pedofilia: «È la desolazione più grande. Bisogna ascoltare che cosa prova un abusato o un’abusata! Di venerdì mi incontro abitualmente con alcuni di loro»
«Per salute mentale io non leggo i  siti internet di questa cosiddetta “resistenza”. So chi sono, conosco i  gruppi, ma non li leggo, semplicemente per mia salute mentale… Alcune  resistenze vengono da persone che credono di possedere la vera dottrina e ti accusano di essere eretico. Quando in queste persone, per quel che  dicono o scrivono, non trovo bontà spirituale, io semplicemente prego  per loro». Sono alcune delle parole che Papa Francesco ha rivolto ai  gesuiti durante il colloquio a porte chiuse avvenuto lo scorso 16  gennaio a Santiago del Cile. Il colloquio è stato trascritto da padre  Antonio Spadaro, esce sul prossimo numero de  La Civiltà Cattolica ed è stato anticipato dal Corriere della Sera nell’edizione di giovedì 15 febbraio 2018. 
Alla domanda sulle «gioie e i dispiaceri» del pontificato, Papa  Bergoglio ha risposto: «Questo del pontificato è un periodo piuttosto  tranquillo. Dal momento in cui in Conclave mi sono reso conto di quello  che stava per succedere — una sorpresa istantanea per me —, ho provato  molta pace. E fino ad oggi quella pace non mi ha lasciato. È un dono del  Signore, di cui sono grato. E davvero spero che non me lo tolga. Le  cose che non mi tolgono la pace, ma sì mi addolorano, sono i  pettegolezzi. E a me i pettegolezzi dispiacciono, mi rattristano. Accade  spesso nei mondi chiusi. Quando accade in un contesto di sacerdoti o di religiosi, a me viene da chiedere: ma come è possibile? Tu  che hai lasciato tutto, hai deciso di non avere accanto una donna, non  ti sei sposato, non hai avuto figli… vuoi finire come uno scapolone  pettegolo? Oh, mio Dio, che vita triste!». 
A proposito delle resistenze incontrate fino ad oggi, Bergoglio ha parlato dell’atteggiamento con il quale le affronta. «Davanti  alla difficoltà non dico mai che è una “resistenza”, perché  significherebbe rinunciare a discernere, cosa che invece voglio fare. È  facile dire che c’è resistenza e non rendersi conto che in quel  contrasto può esserci anche un briciolo di verità. Questo mi  aiuta anche a relativizzare molte cose che, a prima vista, sembrano  resistenze, ma in realtà è una reazione che nasce da un  fraintendimento… Quando invece mi  rendo conto che c’è vera resistenza, certo, mi dispiace. Alcuni mi  dicono che è normale che ci sia resistenza quando qualcuno vuol fare dei  cambiamenti. Il famoso “si è sempre fatto così” regna dappertutto, è una grande tentazione che tutti abbiamo vissuto. Le  resistenze dopo il Vaticano II, tuttora presenti, hanno questo  significato: relativizzare, annacquare il Concilio. Mi dispiace ancora  di più quando qualcuno si arruola in una campagna di resistenza. E  purtroppo vedo anche questo. Non posso negare che ce ne siano, di  resistenze. Le vedo e le conosco. Ci sono le resistenze dottrinali. Per  salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta  “resistenza”. So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo,  semplicemente per mia salute mentale. Se  c’è qualcosa di molto serio, me ne informano perché lo sappia. È un  dispiacere, ma bisogna andare avanti. Quando percepisco resistenze,  cerco di dialogare, quando il dialogo è possibile; ma alcune resistenze  vengono da persone che credono di possedere la vera dottrina e ti  accusano di essere eretico. Quando in queste persone, per quel  che dicono o scrivono, non trovo bontà spirituale, io semplicemente  prego per loro. Provo dispiacere, ma non mi soffermo su questo  sentimento per igiene mentale». 
Su Amoris laetitia, l’esortazione dedicata al matrimonio e alla famiglia, il Papa ha detto: «Credo  che una delle cose di cui la Chiesa oggi ha più bisogno, e questa cosa è  molto chiara nelle prospettive e negli obiettivi pastorali di Amoris laetitia, è il discernimento. Noi siamo abituati al “si può o non si può”. Ho ricevuto anch’io, nella  mia formazione, la maniera del pensare “fin qui si può, fin qui non si  può”. Non so se ti ricordi di quel gesuita colombiano che venne a  insegnarci morale al Collegio Massimo; quando si venne a parlare del  sesto comandamento, uno si azzardò a fare la domanda: “I fidanzati  possono baciarsi?”. Se potevano baciarsi! Capite? E lui disse: “Sì, che  lo possono! Non c’è problema! Basta però che mettano in mezzo un  fazzoletto”. Questa è una forma  mentis del fare teologia in generale. Una forma mentis basata sul  limite. E ce ne portiamo addosso le conseguenze». 
Francesco ha quindi risposto a un domanda sulla diminuzione delle  vocazioni gesuite. «Considerando la diminuzione di giovani e forze, si  potrebbe entrare in desolazione istituzionale. No, non ve lo potete  permettere. La desolazione ti tira verso il basso, è una coperta  fradicia che ti tirano addosso per vedere come te la cavi, e ti porta  all’amarezza, al disinganno. Io mi  domando se Saverio, davanti al fallimento di vedere la Cina senza  poterci entrare, fosse desolato. No, io immagino che egli si sia rivolto  al Signore, dicendo: “Tu non lo vuoi, quindi ciao, va bene così”. Ha scelto di seguire la strada che gli veniva proposta, e in quel caso  era la morte!… Ma va bene! Come Saverio alle porte della Cina,  guardate sempre avanti… Sa Dio!». 
A Francesco è stato quindi chiesta una parola a proposito degli  scandali sessuali, gli abusi sui minori, un tema molto sentito oggi  anche in Cile. «È la desolazione più  grande che la Chiesa sta subendo. Questo ci spinge alla vergogna, ma  bisogna pure ricordare che la vergogna è anche una grazia molto  ignaziana. E quindi prendiamola come grazia e vergogniamoci  profondamente. Dobbiamo amare una Chiesa con le piaghe. Molte piaghe…  Ti racconto un fatto. Il 24 marzo, in Argentina è la memoria del colpo  di Stato militare, della dittatura, dei desaparecidos, e Plaza de Mayo  si riempie per ricordarlo. In uno di quei 24 marzo, mentre stavo per  attraversare la strada, c’era una coppia con un bambino di due o tre  anni, e il bambino correva avanti. Il  papà gli ha detto: “Vieni, vieni, vieni qua… Attento ai pedofili!”.  Che vergogna ho provato! Che vergogna! Non si sono resi conto che ero  l’arcivescovo, ero un prete e… che vergogna! A volte si tirano fuori  “premi di consolazione”, e qualcuno perfino dice: “Guarda le  statistiche… il… non so… 70% dei pedofili si trova nell’ambito  familiare, dei conoscenti. Poi nelle palestre, le piscine. La  percentuale dei pedofili che sono preti cattolici non raggiunge il 2%, è  dell’1,6%. Non è poi tanto…”. Ma è terribile anche se fosse uno solo di  questi nostri fratelli! Perché Dio l’ha unto per santificare bambini e grandi, e lui li ha distrutti. È orribile! Bisogna  ascoltare che cosa prova un abusato o un’abusata! Di venerdì — a volte  lo si sa e a volte non lo si sa — mi incontro abitualmente con alcuni di  loro. Il loro processo è durissimo, restano annientati. Per la  Chiesa è una grande umiliazione. Mostra non solo la nostra fragilità ma  anche, diciamolo chiaramente, il nostro livello di ipocrisia. È  curioso: il fenomeno dell’abuso ha toccato alcune Congregazioni nuove,  prospere. Lì l’abuso è sempre frutto di una mentalità legata al potere,  che va guarita nelle sue radici maligne. Ci sono tre livelli di abuso  che vanno insieme: abuso di autorità, sessuale, e pasticci economici. Il  denaro c’è sempre di mezzo: il diavolo entra dal portafoglio». 
A proposito delle prospettive future per la Chiesa, Francesco infine ha detto: «Riprendete in mano il Concilio Vaticano II, la Lumen gentium.  Parlando ai vescovi cileni, li esortavo alla declericalizzazione.  L’evangelizzazione viene fatta dalla Chiesa come popolo di Dio. A noi il  Signore sta chiedendo di essere Chiesa in uscita, ospedale da campo... Una Chiesa povera per i poveri! I poveri non sono una formula teorica del partito comunista, sono il centro del Vangelo! È su questa linea che sento ci sta portando lo Spirito. Ci sono forti  resistenze, ma per me il fatto che nascano è il segno che si va per la  via buona. Altrimenti il demonio non si affannerebbe a fare  resistenza». 
Su La Civiltà Cattolica si legge inoltre che il superiore provinciale  dei gesuiti cileni nel «Centro Hurtado» di Santiago, p. Cristián, del  Campo  ha presentato due tra i presenti, i padri Carlos e José Aldunate,  fratelli di sangue, che hanno compiuto l’uno 101 e l’altro 100 anni.  Papa Francesco si è detto «contento di vedere padre Carlos! È stato il  mio direttore spirituale nel 1960, nel mio juniorato. José era il  maestro dei novizi, poi lo fecero provinciale. Carlos era bidello ed  era… il re del buon senso! Riusciva a dare consigli spirituali davvero  con grande buon senso. Ricordo che una volta andai da lui perché ero  molto arrabbiato con una persona. Volevo affrontarla a tu per tu e  rimproverarla. Lui mi disse: “Calmati! Davvero vuoi rompere con lui  subito? Prova altre vie…”. Non ho mai dimenticato questo consiglio, e lo  ringrazio adesso per questo». 
il Pontefice poi parla del  tema della donna: «Ho avuto un’esperienza  singolare da vescovo di una diocesi: bisognava trattare un certo tema, e  si era avviata una consultazione – ovviamente solo tra preti e vescovi –  e avevamo fatto una riflessione che ci portava a una serie di questioni  sulle quali prendere una decisione. Però la stessa cosa, trattata in  una riunione congiunta di uomini e donne, ha portato a conclusioni molto  più ricche, molto più praticabili, molto più feconde. È una mia  semplice esperienza che mi viene in mente adesso, ma che mi fa  riflettere. La donna deve dare alla Chiesa tutta quella ricchezza che  von Balthasar chiamava “la dimensione mariana”. Senza questa dimensione  la Chiesa resta zoppa o deve usare le stampelle, e allora cammina  male». 
(Andrea Tornielli, da Vatican Insider pubblicato il               15/02/2018)
