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Cappellani militari abili e arruolati. Intesa Italia-Santa Sede sui preti soldato

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

39253 ROMA-ADISTA. Qualche cappellano militare in meno, ma tutti arruolati, ovvero con i gradi e gli stipendi dei soldati delle Forze armate, pagati dallo Stato.

L’auspicio della smilitarizzazione – come da anni chiedono Pax Christi, le Comunità cristiane di base e Noi Siamo Chiesa – va a farsi benedire. Il Consiglio dei ministri, nella riunione dell’8 febbraio, ha infatti approvato lo «schema di Intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate». È il risultato dei lavori, iniziati nel 2015, della Commissione paritetica bilaterale Italia-Santa Sede per la riforma dell’intero sistema dei preti-soldato.

Sul tavolo, in teoria, avrebbe dovuto esserci anche l’ipotesi della smilitarizzazione dei cappellani, come qualche anno fa fece intendere mons. Angelo Frigerio, vicario generale dell’Ordinariato militare, il quale, ospite alla trasmissione radiofonica di Radio Radicale “Cittadini in divisa” condotta da Luca Marco Comellini (segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle Forze di polizia), aveva dichiarato: «Ai cappellani militari i gradi non servono e non interessano. Ci interessa solo avere la garanzia e gli strumenti per poter continuare ad esercitare il ministero pastorale di assistenza spirituale alle donne e agli uomini delle Forze armate» (v. Adista Notizie n. 4/14). Salvo poi, qualche mese dopo, essere smentito dal suo superiore, l’ordinario militare, mons. Santo Marcianò, che sulle colonne di Famiglia Cristiana scrisse: «La realtà militare può essere capita bene solo “dal di dentro”. Le “stellette”, per un cappellano militare, non sono inutili o pericolose: sono semplicemente espressione di quel senso di appartenenza che in questo mondo è molto marcato», un «segno di condivisione» (v. Adista Notizie n. 41/14). E infatti Frigerio, richiamato all’ordine, cambiò posizione, illustrando i lavori in corso della Commissione bilaterale Italia-Santa Sede: «Abbiamo ritenuto di conservare i gradi ma come ufficiali subordinati confrontandoci con le esperienze degli altri Paesi della Nato. I cappellani non sono militari puri ma nemmeno estranei al mondo militare. Il concetto chiave è quello dell’assimilazione. Nelle Forze armate ci sono ad esempio i medici che fanno i medici e hanno la deontologia e la scienza come riferimento, analogamente i cappellani sono nelle Forze armate in maniera peculiare» (v. Adista Notizie n. 23/16).

Così infatti è stato. «L’inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani militari» restano le stesse, spiega la nota di Palazzo Chigi che annuncia il raggiungimento dell’accordo sullo schema di Intesa. «Il trattamento economico principale continua ad essere quello base previsto per il grado di assimilazione, mentre per quello accessorio l’Intesa indica specificamente le diverse tipologie». Quindi resta tutto: gradi e stipendi. Unica novità sembra essere la riduzione di circa 40 unità del numero dei cappellani, che passa dagli attuali 204 a 162, con un risparmio per lo Stato di 2-3 milioni di euro (ma non è detto che nel lungo iter che l’Intesa dovrà percorrere per diventare legge non rientrino dalla finestra come cappellani di complemento, spiega ad Adista Comellini). In ogni caso per il 2018 e il 2019 vale quanto già stabilito dalla legge di bilancio per il triennio 2017-2019: lo Stato spenderà poco meno di dieci milioni di euro l’anno per il mantenimento di circa duecento preti sodato (v. Adista n. 3/16). I quali, in base alle tabelle ministeriali dopo il “riordino delle carriere”, vengono retribuiti come i loro pari grado in mimetica: 126.576 euro lordi annui per l’ordinario militare (assimilato ad un generale di corpo d’armata); 103.956 per il vicario generale (generale di divisione); 85.848 per il terzo cappellano capo (colonnello); 62.995 per il secondo cappellano capo (tenente colonnello); 58.326 per il primo cappellano capo (maggiore); 48.810 per il cappellano capo (capitano); 43.621 per il cappellano addetto (tenente). «Per risparmiare sarebbe stato sufficiente equiparare i cappellani militari a quelli della Polizia di Stato, che percepiscono uno stipendio medio di 1.350 euro al mese», dice Luca Marco Comellini. «Con l’approvazione di questo schema di Intesa, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha, ancora una volta, dimostrato la sua personale debolezza e quella delle Istituzioni italiane di fronte alle pretese dell’Ordinario militare e dei suoi sodali con le stellette».
(Luca Kocci, Adista, 16/02/2018)

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