39253 ROMA-ADISTA. Qualche cappellano militare in meno, ma tutti arruolati, ovvero con i gradi e gli stipendi dei soldati delle Forze armate, pagati dallo Stato.
L’auspicio della smilitarizzazione – come da anni chiedono  Pax Christi, le Comunità cristiane di base e Noi Siamo Chiesa – va a  farsi benedire. Il Consiglio dei ministri, nella riunione dell’8  febbraio, ha infatti approvato lo «schema di Intesa tra la Repubblica  italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate». È  il risultato dei lavori, iniziati nel 2015, della Commissione  paritetica bilaterale Italia-Santa Sede per la riforma dell’intero  sistema dei preti-soldato.
Sul tavolo, in teoria, avrebbe dovuto esserci anche  l’ipotesi della smilitarizzazione dei cappellani, come qualche anno fa  fece intendere mons. Angelo Frigerio, vicario generale dell’Ordinariato militare, il quale, ospite alla trasmissione radiofonica di Radio Radicale “Cittadini in divisa” condotta da Luca Marco Comellini (segretario  del Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle Forze di  polizia), aveva dichiarato: «Ai cappellani militari i gradi non servono e  non interessano. Ci interessa solo avere la garanzia e gli strumenti  per poter continuare ad esercitare il ministero pastorale di assistenza  spirituale alle donne e agli uomini delle Forze armate» (v. Adista  Notizie n. 4/14). Salvo poi, qualche mese dopo, essere smentito dal suo  superiore, l’ordinario militare, mons. Santo Marcianò,  che sulle colonne di Famiglia Cristiana scrisse: «La realtà militare può  essere capita bene solo “dal di dentro”. Le “stellette”, per un  cappellano militare, non sono inutili o pericolose: sono semplicemente  espressione di quel senso di appartenenza che in questo mondo è molto  marcato», un «segno di condivisione» (v. Adista Notizie n. 41/14). E  infatti Frigerio, richiamato all’ordine, cambiò posizione, illustrando i  lavori in corso della Commissione bilaterale Italia-Santa Sede:  «Abbiamo ritenuto di conservare i gradi ma come ufficiali subordinati  confrontandoci con le esperienze degli altri Paesi della Nato. I  cappellani non sono militari puri ma nemmeno estranei al mondo militare.  Il concetto chiave è quello dell’assimilazione. Nelle Forze armate ci  sono ad esempio i medici che fanno i medici e hanno la deontologia e la  scienza come riferimento, analogamente i cappellani sono nelle Forze  armate in maniera peculiare» (v. Adista Notizie n. 23/16).
Così infatti è stato. «L’inquadramento, lo stato  giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani  militari» restano le stesse, spiega la nota di Palazzo Chigi che  annuncia il raggiungimento dell’accordo sullo schema di Intesa. «Il  trattamento economico principale continua ad essere quello base previsto  per il grado di assimilazione, mentre per quello accessorio l’Intesa  indica specificamente le diverse tipologie». Quindi resta tutto: gradi e  stipendi. Unica novità sembra essere la riduzione di circa 40 unità del  numero dei cappellani, che passa dagli attuali 204 a 162, con un  risparmio per lo Stato di 2-3 milioni di euro (ma non è detto che nel  lungo iter che l’Intesa dovrà percorrere per diventare legge non  rientrino dalla finestra come cappellani di complemento, spiega ad Adista Comellini).  In ogni caso per il 2018 e il 2019 vale quanto già stabilito dalla  legge di bilancio per il triennio 2017-2019: lo Stato spenderà poco meno  di dieci milioni di euro l’anno per il mantenimento di circa duecento  preti sodato (v. Adista n. 3/16). I quali, in base alle tabelle  ministeriali dopo il “riordino delle carriere”, vengono retribuiti come i  loro pari grado in mimetica: 126.576 euro lordi annui per l’ordinario  militare (assimilato ad un generale di corpo d’armata); 103.956 per il  vicario generale (generale di divisione); 85.848 per il terzo cappellano  capo (colonnello); 62.995 per il secondo cappellano capo (tenente  colonnello); 58.326 per il primo cappellano capo (maggiore); 48.810 per  il cappellano capo (capitano); 43.621 per il cappellano addetto  (tenente). «Per risparmiare sarebbe stato sufficiente equiparare i  cappellani militari a quelli della Polizia di Stato, che percepiscono  uno stipendio medio di 1.350 euro al mese», dice Luca Marco Comellini.  «Con l’approvazione di questo schema di Intesa, il presidente del  Consiglio Paolo Gentiloni ha, ancora una volta,  dimostrato la sua personale debolezza e quella delle Istituzioni  italiane di fronte alle pretese dell’Ordinario militare e dei suoi  sodali con le stellette».
(Luca Kocci, Adista, 16/02/2018)
