martedì, Novembre 19, 2024

Ancora troppi bambini armati

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Nella Giornata internazionale contro l’utilizzo dei bambini soldato, un rapporto descrive l’inferno sud sudanese, uno dei luoghi peggiori della terra per i minori, che continuano ad essere arruolati da tutte le parti in conflitto, protette da uno stato di totale impunità. 

Il Protocollo opzionale alla convenzione dei diritti del fanciullo concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, adottato all’unanimità il 25 maggio 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, proibisce l’uso di minori di 18 anni nei combattimenti e determina che arruolare bambini sotto i 15 anni equivale a un crimine di guerra.

Nella data in cui ricorre la giornata internazionale contro l’utilizzo dei bambini soldato è importante ricordare che rubare l’infanzia e l’adolescenza a centinaia di migliaia di fanciulli equivale a un crimine di guerra. E purtroppo in diversi paesi del mondo tanti bambini continuano ad imparare come si spara e si uccide, prima che apprendere a leggere e scrivere. Uno di questi luoghi maledetti è il Sud Sudan, come testimonia quanto documentato la settimana scorsa dall’organizzazione Human Rights Watch (HRW).

L’ong newyorchese ha pubblicato un report nel quale resoconta come le forze armate sud sudanesi e i gruppi armati ribelli stanno continuando a reclutare bambini soldato, nonostante i numerosi impegni presi per porre fine a questa gravissima violazione dei diritti umani.

La relazione evidenzia come finora in Sud Sudan non sia stato possibile perseguire nessun comandante militare responsabile del forzato reclutamento di bambini soldato, mentre il presidente Salva Kiir Mayardit ha promosso alcuni degli ufficiali che hanno costretto moti minori ad arruolarsi.

Un’assoluta impunità che sottolinea il terribile prezzo che i bambini stanno pagando mentre continuano gli scontri tra le parti in conflitto, nonostante il cessate-il-fuoco, firmato lo scorso 22 dicembre ad Addis Abeba, per rilanciare l’Accordo sulla risoluzione del conflitto nel Sud Sudan (Arcss), siglato il 26 agosto 2015.

Lo scorso 27 gennaio, il Consiglio dei ministri dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) ha affermato che «avrebbe preso tutte le misure necessarie contro i singoli responsabili, comprese sanzioni mirate, come il divieto di viaggio e il congelamento dei beni».

Nell’attesa che l’organismo regionale vari le misure annunciate, la situazione è sempre più allarmante, come testimonia il rapporto di HRW, che riporta le interviste realizzate a 25 ex bambini soldato, rapiti nello Stato di Unity e dell’Equatoria occidentale. Dai colloqui con i minori, emerge che entrambe le fazioni in lotta hanno costretti ad arruolarsi perfino bambini di 13 anni.

Sia lo Spla, l’Esercito di liberazione popolare del Sudan, che le milizie ribelli dello Spla-M-io, l’Esercito di liberazione del popolo sudanese/Movimento in opposizione, guidate dall’ex vice presidente Riek Machar, avevano preso l’impegno con l’Unicef di restituire la libertà, entro la fine di gennaio 2018, a tutti i bambini soldato. Tuttavia, non hanno dato seguito alla promessa.

Molti dei ragazzi intervistati hanno raccontato che i soldati li hanno rapiti dalle loro case o li hanno prelevati mentre erano in strada, trattenendoli per giorni o intere settimane in celle sovraffollate. Diversi bambini testimoniano di essere stati sottoposti a un duro addestramento e di aver subito brutali punizioni fisiche, che talvolta sono culminate in una prolungata detenzione in celle d’isolamento.

Una delle fazioni armate maggiormente coinvolte nella coscrizione di bambini soldato è l’Ssnlm, il Movimento di liberazione nazionale del Sud Sudan, un gruppo ribelle che nell’aprile 2016 ha firmato un accordo di pace separato con il governo e le cui forze sono in attesa di essere reintegrate nello Spla.

Più di 400 bambini soldato rapiti dall’Ssnlm sono stati identificati dall’Unicef per essere restituiti alle loro famiglie, almeno quelli che hanno ancora hanno la fortuna di averle. Come tutti i bambini soldato, dovranno affrontare il trauma psicologico, lo stigma sociale, la paura dell’arresto da parte delle autorità governative e notevoli ritardi nella loro istruzione, considerando che alcuni dei ragazzi intervistati hanno perso anche quattro anni di scuola. 

Nel frattempo, la Commissione dell’Unione africana continua a rinviare l’istituzione di una Corte ibrida per giudicare le gravi violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra commessi durante gli oltre quattro anni di conflitto.
(Marco Cochi, Nigrizia, 12 febbraio 2018)

 

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