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Elezioni 2018, il circo osceno della politica per un popolo imbecille

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il 3 gennaio 2018 ho condiviso l’articolo di Alfiero Grandi, pubblicato il giorno prima sul Fatto Quotidiano «Non votiamo chi è contro la carta» che è un criterio saggio, anche se ambiguo perché molti di quelli che hanno votato «pro» Carta, di fatto hanno votato «contro» il governo Renzi che aveva promesso, spergiurando sia lui che la sua dea ispiratrice, l’Etruria dei Boschi, di ritirarsi a vita privata. Ovunque vada e con chiunque parli, trovo sempre più persone disorientate sul come e chi votare. Dappertutto, infatti, imperversa il circo zoologico di bestiali promesse senza capo né coda con una gara a chi la spara più grossa, quasi fosse una esercitazione di caccia all’inverosimile. I politicanti sono consapevoli di offendere l’intelligenza degli italiani e delle italiane, ma lo fanno apposta perché più disorientano, più confondono e più confondono, più inducono a non andare a votare, lasciando così il voto in mano ai fedelissimi e ai manipolatori di democrazia. Alcuni miei pensieri oggettivi.

Silvio Berlusconi ha la sfacciataggine di fare finta di nulla, come se fosse un verginello appena nato: promette le stesse cose di 20 anni fa che non ha mai realizzato perché a lui interessavano i propri affari privati come ha dimostrato la sentenza definitiva per evasione fiscale con interdizione dai pubblici uffici. Questo signore, a cui vergognosamente per indegnità sono stati tolti il titolo e la medaglia di «cavaliere», non può essere eletto. Eppure osa mettere il proprio nome sul logo come se dovesse essere lui il candidato da scegliere. Un governo e una magistratura che non gli vietano anche di parlare in quanto giuridicamente «delinquente» ancora «sub poena», sono complici della deformazione del voto, anche di quella parvenza di voto che questa miserevole legge elettorale ha deliberatamente tolto ai cittadini.

Sia chiaro, ciascuno di noi, per volontà di Renzi, appoggiato da Berlusconi, complice Pietro Grasso, presidente del Senato, non eserciteremo il nostro costituzionale diritto di voto, ma ci limiteremo ad avallare le scelte private di privati cittadini (segretari e proprietari di partiti e movimenti) che imporranno i loro cagnolini fedeli, i loro complici, i loro servi. Qualcuno potrebbe obiettare che nei collegi uninominali uno è libero di votare o questo o quello. Teoricamente, perché il trucco sta nell’impossibilità di dare un voto «disgiunto», dal momento che il voto uninominale si trascina dietro anche la lista bloccata, costringendo l’elettore a scegliere quello che già, prima del voto, hanno deciso segretari e padroni. A Renzi & C., vera brutta copia del peggior Berlusconi, non affiderei nemmeno le pulizie di una bocciofila, avendo dimostrato di essere interessato solo alla propria carriera, anche a costo di distruggere il partito (ormai irreversibilmente condannato alla morte) e quella dei suoi cari.

Il M5S, contro cui tutti si scagliano per l’evidente paura dei sondaggi, ha qualche aspetto positivo: i candidati sono nuovi, o almeno recenti, non rubano, restituiscono parte dei soldi pubblici che gli spettano per legge, fanno errori e spesso sono imbranati, non hanno esperienza, non hanno una leadership all’altezza di un movimento, ormai maggioranza nel Paese, sono confusi sulla politica economica, estera e sui temi sociali di grande rilievo, rincorrendo spesso, anche loro, i sondaggi. Tutti li accusano di non sapere governare Roma e Torino che i 5Stelle governano da meno di un anno, dovendo mettere a posto i guasti, i debiti e le macerie lasciati da oltre trent’anni dagli esperti, dai professionisti, dagli economisti di successo. Da questo punto di vista preferisco mille volte i Pentastellati con tutti i loro difetti a chi da sempre ha dato prova di distruzione di massa. Eppure ho molti problemi a votarli perché scegliere Gianluigi Paragone, ex Radio Padania, e Emilio Carelli, conduttore TG5 e poi di Sky, come candidati “simbolo”, per me è inaccettabile. Non avere ideologie non significa non avere ideali. Molte posizioni politiche di Di Maio e del suo movimento sono in contraddizione con la mia storia e quegli ideali di giustizia e serietà che votandoli, svenderei.

«Liberi e Uguali» di Pietro Grasso è un’operazione, fatta in crioanestesia, calata dall’alto raccattando scampoli inutili di inesistente sinistra che ha come scopo garantire solo un posto ai quattro disperati e nullafacenti capetti dei vari cespuglietti (Fratoianni, Civati, Fassina, e in Liguria, Pastorino, Quaranta, Cofferati). Scommetto che saranno tutti nelle liste bloccate. Costoro sono anime perse nel limbo di una sinistra che non è mai esistita, per esclusivo merito loro. Da qui al 4 marzo starò a vedere, certamente difenderò la mia dignità, pronto a combattere anche sulle montagne, chiunque non rispetta la mia sovranità, credendo di ricattarmi col voto del «male minore», giocattolo che non funziona più perché sono certo che per non eleggere Berlusconi voto Pd e alla fine mi ritrovo Berlusconi a governare con Renzi o con Grasso che fa inciuci col Pd o i 5Stelle che annusano la Lega. Andrò a votare, ma rifletterò e appena ho una risposta per me, penso di condividerla, se vorrete, anche con voi.

(don Paolo Farinella, Il Fatto Quotidiano, 21 gennaio 2018)

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