Ora, dopo la lettura di questo articolo, vorrei sapere sinceramente come un italiano nato in questa terra può sentirsi “a casa”?
(Per ulteriori chiarimenti rinvio al mio precedente intervento: Südtirol ist nicht Italien! )
L’Alto Adige riaccende il sogno della doppia cittadinanza: “Ci sentiamo più austriaci”

«Gli altoatesini hanno perso la loro cittadinanza austriaca con l’annessione involontaria dell’Alto Adige da parte dell’Italia. Il recupero della cittadinanza sarebbe ora un atto di riparazione».
Inizia  così, con frasi che per gli altoatesini significano rimediare ad  un’ingiustizia storica, la lettera che 19 consiglieri provinciali su 35  hanno inviato a fine novembre al primo ministro austriaco, il popolare  Sebastian Kurz, e al suo alleato della destra Strache, per chiedere di  inserire nelle trattative di governo la questione mai risolta della loro  doppia nazionalità.  
Gli italiani del Sud Tirolo (di cittadinanza italiana ma di lingua e cultura austriaca, non chi è “solo italiano” – don Paolo) tornano a spingere di ottenere anche il  passaporto austriaco. Lo chiedono «con uno spirito europeista», tengono a  precisare. E mai come ora sono fiduciosi che qualche cosa si muoverà,  visto che la destra ha conquistato l’Austria e sono arrivati al potere  al fianco dei popolari dell’Övp (il partito di Kurz) i nazionalisti  dell’Fpö.  
La doppia cittadinanza ai sudtirolesi era nel programma di Strache in  campagna elettorale, e l’Övp non è contrario a priori. Per questo, la  lettera sottoscritta da 7 consiglieri di maggioranza della Südtiroler  Volkspartei (Svp) e da 12 consiglieri delle opposizioni, tra cui gli  indipendentisti dei Die Freiheitlichen e il Movimento 5 Stelle, non è  caduta nel vuoto. A loro si sono aggiunti, con un’altra lettera,  politici ed ex politici di peso, come lo storico ex presidente della  provincia Durnwalder, che si dice «finalmente più ottimista. Noi siamo  una minoranza austriaca, non c’è niente da fare». Per quanto la sua idea  sia lontana dall’irredentismo e da spinte di «secessione dall’Italia».  
 Le trattative con Kurz e Strache, dunque, sono aperte. I due leader  hanno comunicato che vorrebbero giurare per il nuovo governo entro il 20  dicembre. Anche per la discussione preliminare sulla doppia  cittadinanza, che sembra essere in calendario, sarebbe questione di  giorni: «Incontrerò Kurz a breve – spiega Philipp Achammer, presidente  dell’Svp -. Confidiamo che qualcosa verrà formalizzato, almeno una prima  apertura». Per lui «la doppia cittadinanza italiana e austriaca è una  questione emotivamente importante, non siamo revisionisti, piuttosto  europeisti». A dargli manforte c’è anche il presidente della regione del  Trentino-Alto Adige/Südtirol, Arno Kompatscher, che parla di una  decisione «dall’altissimo valore emozionale». E guai a parlare di  «spirito neoaustrungarico»: quello l’Svp lo lascia ai movimenti  indipendentisti altoatesini, che chiedono per la provincia autonoma  ancora più indipendenza.  
Con l’occasione dell’Fpö al potere, i Freihetlichen sognano infatti  che la doppia cittadinanza sia un primo passo per autodeterminarsi di  più. Lo spiega Andreas Leiter-Reber, leader del partito: «La doppia  cittadinanza sarebbe un’assicurazione». Per che cosa? «Per la nostra  autonomia. Non è un passo indietro verso l’Austria, ma un passo avanti  per poterci gestire su più fronti, dalle tasse, alla polizia. Da qui,  vediamo purtroppo tutti i giorni come sta andando l’Italia». 
Ma per chi abita nella provincia più settentrionale del Belpaese, che  è a maggioranza di lingua tedesca, quali sarebbero veramente i vantaggi  di una cittadinanza austriaca? I diritti acquisiti, qualora l’Austria  accettasse, sono tutti da discutere: a partire dal voto, che genererebbe  il problema della rappresentanza nel parlamento nazionale a Vienna (nel  Nationalrat non ci sono deputati che risiedono all’estero), alla  «possibilità di fare il servizio militare» (che in Austria è ancora  obbligatorio), dice Leiter-Reber. Di certo, per la causa è l’identità a  giocare il ruolo più importante: «Basta guardare le nostre città –  ricorda l’ex parlamentare italiano Siegfried Brugger -, sono ben più  simili alle città medievali ungheresi o cecoslovacche, che a quelle del  centro Italia, questo nessuno lo può negare». 
(Letizia Tortello, La Stampa, 10/12/2017)