mercoledì, Novembre 20, 2024

Si attendono risposte concrete

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

La Cnn ha avuto il merito di riuscire, con le immagini, a portare davanti all’attenzione internazionale il commercio di schiavi africani in Libia, già denunciato, nel silenzio, mesi prima, dall’Organizzazione Onu per le migrazioni. Cominciano a venire al pettine i tragici nodi favoriti dalle politiche migratorie europee e italiane. 

Dopo le immagini della Cnn – uno dei più qualificati canali televisivi americani indipendenti – che mostrano un’asta di schiavi organizzata dai trafficanti di migranti dall’Africa sub-sahariana in Libia, sembra che tutti abbiano scoperto, ora, il lurido mercato.
Ma era l’11 aprile quando l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), scriveva in un suo comunicato stampa: “Nello scorso fine settimana, personale dell’OIM in Niger e in Libia ha documentato fatti scioccanti sulla rotta migratoria nord africana. Li hanno descritti come ‘mercati degli schiavi’ che tormentano centinaia di giovani africani diretti in Libia. Il comunicato continua riportando dettagliati racconti, compresi i prezzi della “merce umana” venduta alla luce del sole.
Il giorno prima The Guardian, autorevole quotidiano inglese, aveva pubblicato un lungo articolo in cui, tra l’altro, riportava la dichiarazione di Mohammed Abdiker, responsabile Oim per le operazioni e le emergenze: “Gli ultimi rapporti sui ‘mercati di schiavi’ per migranti possono essere aggiunti ad una lunga lista di oltraggi… La situazione è tragica. Più l’Oim si impegna all’interno della Libia, più constata che è una valle di lacrime per davvero troppi migranti.  
Alla denuncia si erano uniti altri autorevoli mass media inglesi, come la Bbc e The Indipendent, e anche i principali giornali di casa nostra. Ma in quel periodo la priorità assoluta era fermare i flussi, supportare i vergognosi accordi italiani con la Libia – quale Libia poi? – in modo da chiudere la rotta che portava i migranti africani in Europa attraverso le nostre coste. Così, quelle denunce dettagliate, circostanziate, autorevoli e ufficiali – l’Oim è l’organizzazione dell’Onu preposta alle migrazioni – sono rimaste lettera morta. 
Ma non poteva durare troppo a lungo. Ora lo scandalo è sotto gli occhi di tutti e le dichiarazioni ufficiali fioccano. Dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che si dice inorridito dal video, al presidente della Commissione dell’Unione africana, il ciadiano Moussa Faki Mahamat, che chiede urgentemente un’inchiesta credibile sulla questione. Ne ha incaricato la Commissione africana per i diritti degli uomini e dei popoli (African Commission on Human and Peoples’ Rights) e ha chiesto alle autorità libiche di collaborare all’indagine per appurare la verità.
Persino il presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir si è attivato, incontrando Mahmoud Jibril, il capo di uno dei partiti libici più importanti, l’Alleanza delle forze nazionali libiche (Libyan national forces alliance – Nfa) per discutere della sua visione in materia di migrazioni illegali. Si è inoltre impegnato ad attivare il Consiglio africano per la pace e la sicurezza (African peace and security council – Apsc) e a discuterne con il presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou Nguesso, alla testa del Comitato dell’Unione africana sulla Libia.
Scopo ultimo dell’incontro, comunque, era trovare un accordo su come fermare i migranti che passano la frontiera tra i due paesi, impegno che il presidente sudanese ha preso con l’Unione europea, come garante del processo di Khartoum, l’accordo che punta a prosciugare i flussi migratori sulla rotta del Mediterraneo centrale. Il Sudan ha già fatto la sua parte, schierando alla frontiera libica la Rapid support force, una forza speciale, famigerata nel paese per le violazioni dei diritti umani anche dei cittadini sudanesi, figuriamoci quelle dei migranti illegali.
Non poteva mancare una dichiarazione del nostro ministro degli Interni, Marco Minniti, che ha qualificato come inaccettabile quello che avviene in Libia. Dimenticando che proprio gli accordi da lui promossi, e di cui fino a ieri si è grandemente vantato, hanno favorito abusi di ogni genere su persone che avrebbero dovuto invece essere protette. Nei giorni prima dello scoppio dello scandalo del mercato degli schiavi, erano infatti al centro dell’attenzione le condizioni nei centri di detenzione libici, parte di quegli accordi, giudicate come “un oltraggio all’umanità” da Zeid Ra’ad al Hussein, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Per ora, però, la discussione sembra restare solo sul piano delle condanne e delle dichiarazioni inevitabili. L’unica proposta concreta sembra essere quella del governo della Costa d’Avorio: porre la questione dei migranti in Libia, e forse dei migranti dall’Africa in generale, all’ordine del giorno nel prossimo vertice Africa-Europa, previsto il 29 e 30 novembre prossimi ad Abidjan. E’ infatti sul piano politico e diplomatico internazionale che va trovata una soluzione al problema.
La condizione dei migranti in Libia non è che il peggior frutto di un approccio alla crisi migratoria come questione di sicurezza, che finisce per rafforzare le reti dei trafficanti, come le politiche europee e gli accordi italiani hanno già ampiamente dimostrato. E’ su questo approccio securitario che va portato il dibattito per trovare una direzione diversa, che garantisca invece il rispetto dei diritti dei migranti e l’interesse complessivo dei paesi attraversati dai flussi migratori contemporanei.

(Bruna Sironi, Nigrizia, 23 novembre 2017)

 

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