Che sia una panchina rossa inaugurata a Milano, un flash mob a Sassari per dire che «l’unico segno che voglio è quello di un bacio», o ancora un nuovo centro antiviolenza con annessa casa rifugio in Ciociaria, fino alla installazione performativa in quel di Lecce, oggi l’Italia sarà attraversata – in lungo e in largo – da iniziative che aderiscono alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Seppure la qualità e il peso politico di ciascun appuntamento siano assai diversi, è vero che dalla Basilicata al Veneto, passando per Calabria, Sicilia e Liguaria, in ogni territorio (nessuno escluso) si moltiplicheranno gli incontri e in decine di città si scenderà in piazza per dire no alla violenza contro le donne.
Il movimento Non Una Di Meno, che lo scorso anno ha portato nelle strade della capitale più di 200mila tra donne e uomini, invita oggi nuovamente a Roma (dalle 14). Partenza da partire da piazza della Repubblica per una grande e – si spera – oceanica manifestazione nazionale; dopo aver rasentato Termini, costeggerà piazza Vittorio, passerà per via Emanuele Filiberto e, tagliando viale Manzoni, arriverà fino a piazza San Giovanni in Laterano. Le varie assemblee cittadine sparse per i territori organizzeranno certo ulteriori incontri nei propri luoghi di provenienza, ma è nella capitale che confluiscono oggi più di 20 città; si attende in questo modo l’addensarsi della marea. Diversi i soggetti politici che hanno aderito all’appello di Non Una Di Meno che ha appena diffuso le 57 pagine del primo «Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere». Dalla Flc Cgil alla Fish, quest’ultima (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) annunciando già da diversi giorni la propria partecipazione per segnalare la maggiore esposizione a violenze e molestie delle donne con disabilità.
Quel che si attende a Roma è una composizione piuttosto vasta, libera e soprattutto organizzata da molti movimenti e associazioni, così come centri antiviolenza e collettivi, che tagliano il territorio italiano da nord a sud e che rappresenteranno la propria parzialità di lotta e sostegno al progetto politico di Non Una Di Meno. Un modo per dire che il femminismo, da cui nell’ultimo anno sono esplose le più incisive forme di dissenso critico a livello mondiale, è inaggirabile. Bisognerebbe imparare dalla propria radicalità generativa, dal proprio smalto insorgente. Le migliaia di donne e uomini che oggi saranno in piazza non faranno altro che testimoniarlo.
Nonostante la pratica politica e i saperi di molte donne rendano grande e sensato lo stesso stare al mondo di tutte e tutti, una scommessa di civiltà, continuano a persistere delle contraddizioni che paiono insanabili, pervicace è infatti la sottocultura che le produce. Tra gli esempi più recenti c’è l’interrogatorio – per 12 ore di fila – si due ragazze che hanno denunciato il proprio stupro, sottoponendole – come è capitato al tribunale di Firenze due giorni fa – allo sfinimento di circa 200 domande tra cui spicca, per eleganza e misura, una relativa all’aver portato o meno biancheria intima.
Nello stesso paese, quello che oggi accenderà calde luci arancioni sui monumenti e in cui Laura Boldrini organizza #InQuantoDonna, lodevole iniziativa a Montecitorio, sembra spuntare sempre la gramigna del sospetto che, in effetti, dietro la parola delle donne possa celarsi un qualche inganno. È su quella, perché risponde a un’esperienza, non importa se riportata dopo un’ora o 20 anni, che invece bisognerebbe puntare tutto. O almeno l’inizio di un ragionamento politico che possa dirsi credibile. Alla vigilia di questa giornata apprendiamo che per il rapporto dell’Eures, presentato giovedì, anche la metà dei femminicidi non sarebbero forse avvenuti se solo si fosse fatto lo sforzo di dare seguito alle denunce da parte delle donne poi uccise. Ancora una volta ciò dimostra che il fenomeno della violenza maschile contro le donne va fermato non in quanto emergenza sociale, bensì con un lavoro capillare e politico che sappia rinnovarsi costantemente in tutti i luoghi della vita. Per decostruire alcune forme endemiche di patriarcalismo. E per dire che nessuna è vittima fino a quando si lotta insieme, per la propria libertà già guadagnata. Oggi, come ieri.
(Alessandra Pigliaru, il manifesto, 25.11.2017)