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Riforma dell’IRC: se non ora quando? Un documento delle Comunità Cristiane di Base

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

ROMA-ADISTA. Le Comunità Cristiane di Base ripropongono all’attenzione di credenti e non credenti un tema che è stato spesso oggetto della loro riflessione di movimento laico e cristiano: quello dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Il risultato della loro riflessione è stato un documento-comunicato, diffuso a fine settembre, nel quale sottolineano come questo antico nodo irrisolto del nostro sistema scolastico (un insegnamento confessionale inserito nel curriculum di una scuola che la Costituzione vuole laica, cioè neutrale rispetto al fatto religioso) sia ancora più contraddittorio oggi che viviamo in una società «sempre più segnata da caratteri multietnici e multiculturali». Inoltre, affermano le CdB, è ormai convinzione diffusa che la religione dovrebbe «essere oggetto di un approfondimento multidisciplinare che spazi dalla storia alla filosofia, dalla letteratura all’estetica, dall’antropologia alla psicanalisi». «A fronte di ciò appare pertanto tanto più incongruo e antistorico il fatto che nelle scuole italiane, l’IRC, ovvero l’insegnamento religioso nelle scuole (con tutte le ambiguità pedagogiche che tale termine comporta), sia appannaggio monopolistico della Conferenza Episcopale Italiana». Tutto questo, rilevano, è «il portato del particolare regime concordatario in vigore in Italia che più volte le CdB italiane hanno denunciato non solo per il suo carattere antidemocratico, ma anche per i suoi connotati antievangelici». A ciò si aggiunge il dato che ormai nella scuola secondaria «quasi un quinto degli studenti, non avvalendosi dell’Irc, contribuiscano ad aggravare la grande ignoranza del fenomeno religioso, tanto più grave oggi in quanto sarebbe auspicabile una minima conoscenza (si pensi alla alfabetizzazione digitale che ha toccato invece tutti gli strati della popolazione, anche a prescindere dall’età), non solo della Bibbia ma quantomeno del Corano e delle altre tradizioni cultuali presenti nel nostro Paese».

Di qui la proposta, insieme coraggiosa e provocatoria, delle CdB: «Sarebbe un segnale significativo, da parte della Chiesa cattolica italiana operare per rendere plurale la conoscenza e non già l’insegnamento (che sarebbe compito della famiglie e delle comunità religiose), delle diverse religioni e quindi disattendere unilateralmente il dettato concordatario, astenendosi dal nominare gli insegnanti destinati all’IRC». Nel frattempo, le Comunità Cristiane di Base invitano gli studenti (titolari della scelta nelle scuole superiori) e i loro genitori (che scelgono per i loro figli nella scuola dell’infanzia, nella primarie e nella secondaria di primo grado) a «non avvalersi dell’ora di religione confessionale nella consapevolezza che l’articolazione multiculturale della società italiana richieda oggi la rinuncia ad ogni privilegio come premessa di una convivenza basata sul rispetto, sull’interazione delle differenze, sulla ricerca della pace civile».

Per Atonia Sani, ex insegnante da anni impegnata nelle battaglie laiche ed anti concordatarie, schierata per l’abolizione dell’Irc sin dai tempi del Nuovo Concordato (1984), quello delle CdB è un documento «interessante, importante, opportuno». Anche perché, scrive Sani, «col trascorrere degli anni le battaglie contro la collocazione di questo insegnamento all’interno dell’orario scolastico obbligatorio hanno perso molto dello smalto che aveva contraddistinto la loro vitalità nei primi decenni dal Nuovo Concordato». Oggi, infatti, «L’IRC continua ad essere inserito nell’orario scolastico, senza suscitare opposizioni». E se è vero che «nelle Scuole Superiori è in aumento il numero di coloro che non si avvalgono, nella Primaria i genitori disposti ad imbracciare la questione di principio sono in numero esiguo». Da qui l’opportunità dell’intervento delle Comunità Cristiane di Base «per riaccendere interesse ed energie nella contestazione di un insegnamento confessionale nella Scuola dello Stato». Così, «un dibattito che tenderebbe oggi ad assopirsi trova in questo documento la forza di un incentivo alla sua riproposizione». Unico rilievo: se l’appello alla Cei di non nominare i docenti di Irc è una affermazione di valore straordinario, «che riteniamo frutto di un forse non indolore dibattito all’interno delle CdB», tale affermazione è in contraddizione – secondo Sani – «con quanto affermato nella prima parte del documento laddove si parla di “IRC (ovvero Insegnamento religioso nelle scuole) come incongruo e antistorico nel suo essere appannaggio monopolistico della Cei)”». Infatti, dice Sani, se «l’Irc concordatario non può che essere appannaggio della Cei», «nessun insegnamento religioso come tale, da chiunque impartito, sia pure liberato dai crismi delle gerarchie cattoliche, potrebbe aver luogo nella Scuola della nostra Repubblica». L’invito al boicottaggio dell’Irc di studenti e genitori, «semplice, chiaro al di là di tatticismi e burocraticismi», può costituire «la prosecuzione, resa più attrattiva dalla qualità dei promotori del documento, di quel cammino intrapreso da decenni ma ancora incompiuto»

(Valerio Gigante, Adista Notizie n° 37 del 28/10/2017)

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