mercoledì, Dicembre 25, 2024

La riforma del lavoro in Brasile. Per i vescovi si tratta di un “grave passo indietro nel sociale”

Don Paolo Zambaldi
Don Paolo Zambaldi
Cappellano nelle parrocchie di Visitazione, Regina Pacis, Tre Santi e Sacra Famiglia (Bolzano).

Il Brasile è il paese con il maggior numero di cause di lavoro al mondo. 
Nel 2016 ci sono state più di 3 milioni di nuove azioni legali. L’approccio giudiziario riflette una legislazione rigida e una tradizione che incentiva l’impiegato a tentare la sorte contro il datore di lavoro in tribunale. 
Il paese è conosciuto anche per l’elevato numero di sindacati. L’anno scorso esistevano più di 16.500 sigle, con un reddito annuale totale di 3,5 miliardi di reais [1,09 bilioni di dollari]. Inoltre, il costo della creazione di un posto di lavoro in Brasile supera quello registrato negli stati più ricchi del mondo, in altre grandi nazioni e nei paesi in via di sviluppo. In questo contesto, il governo ha proposto, e il Congresso nazionale ha approvato, una riforma del lavoro, che entrerà in vigore da novembre. Gli argomenti principali sono modernizzare il Consolidamento delle Leggi sul Lavoro, varato nel 1943, e facilitare la creazione di occupazioni nell’attuale situazione di crisi.

La riforma ha come pilastro principale la possibilità che il negoziato tra datore di lavoro e lavoratore prevalga sulla legge – salvaguardando i diritti costituzionali, come salario minimo, ferie e diritto allo sciopero. Le nuove norme prevedono anche, tra altri punti, la fine della quota sindacale obbligatoria e giornate di lavoro più flessibili.

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Tuttavia, mentre i cambiamenti hanno rafforzato gli accordi collettivi, a discapito della legislazione, essi non hanno garantito una miglior rappresentatività da parte dei sindacati. Secondo alcuni analisti, la fine della quota sindacale obbligatoria – che corrisponde a un giorno lavorativo all’anno – dovrebbe essere accompagnata da una riforma sindacale, con misure come la fine del monopolio, ovvero il divieto di esistenza di più di un sindacato per categoria, impresa o territorio, che impedisce la concorrenza.  
“Senza una riforma sindacale seria, che permetta al lavoratore di scegliere l’ente che lo rappresenterà, il rischio è l’aumento della disuguaglianza salariale”, afferma Sergio Firpo, professore della scuola di business Insper ed esperto in rapporti lavorativi.

Un altro punto controverso della riforma è la regolamentazione del lavoro a giornate o ad ore, il cosiddetto lavoro a chiamata, comune tra il personale di bar e ristoranti. In questo tipo di contratto, il lavoratore ha giornate irregolari e viene pagato in base a quanto lavora. La critica principale nei confronti di questa regolamentazione è che lascia i dipendenti alla mercè delle oscillazioni giornaliere dei bisogni dei datori di lavoro. Secondo coloro che sono favorevoli, invece, la riforma presenta delle garanzie, come il guadagno ad ore o giornaliero, il Fondo di Garanzia del Tempo di Lavoro (FGTS, Fundo de Garantia do Tempo de Serviço), la Previdenza e la tredicesima proporzionali. Da contratto, il valore di un’ora di lavoro non può essere minore di un’ora di salario minimo e il dipendente deve essere convocato con almeno cinque giorni di anticipo.

Per quanto riguarda la terziarizzazione, ha cominciato ad essere permessa in ogni tipo di attività. Ciononostante, ci sono due garanzie. La prima è che un impiegato con libretto di lavoro (che gli garantisce i diritti sindacali) non può essere licenziato e tornare a lavorare nella stessa impresa nè come risorsa esterna – lavorando per un’altra compagnia – nè come persona giuridica (direttamente) prima di 18 mesi.

Le federazioni delle imprese, come la Fecomercio (Federação de Comércio de Bens e Serviços) e la Fiesp (Federação das Indústrias de São Paulo) celebrano tali misure, difese come modernizzatrici ed economicamente stimolanti. 

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Gli oppositori della riforma del lavoro credono invece che renda precari i rapporti lavorativi, proprio nel mezzo di una grave crisi economica. Secondo il direttore tecnico del Departamento Intersindical de Estatística e Estudos Socioeconômicos (Dieese), Clemente Granz Lúcio, intervistato dalla rivista Carta Capital, la riforma “trasformerà parte di ciò che oggi è precario e illegale in precario formale. Il lavoro a chiamata, il part-time, le forme di contratto precarie diventeranno legali. Parte della protezione attuale cesserà di esistere, per cui l’impresa non avrà più quel peso. Quindi, secondo Granz Lúcio, “la riforma del governo promuove la produttività illeggittima, raggiunta attraverso il supersfruttamento del lavoro, il peggioramento delle condizioni o del divario salariale”. E critica: “Questo comporta per il dipendente problemi di salute, sicurezza e produttività”. Marcelo Paixão, economista e sociologo dell’Universidade Federal do Rio de Janeiro, afferma che “l’ampliamento della zona di contratto a tempo determinato che crea la figura del lavoratore autonomo con vincoli impiegatizi, insieme alla legge di terziarizzazione, segnano l’uberizzazione, ovvero il modello di lavoro uber nel mondo”. E aggiunge: “Lavora una data quantità di ore e guadagna all’ora. Se si ammalasse o avesse qualcos’altro, problemi suoi”.

Chiesa

La Conferência Nacional dos Bispos do Brasil (CNBB) fa parte del gruppo di realtà che critica fortemente la riforma del lavoro e sostiene che il testo sia “anticostituzionale” e rappresenti un “grave passo indietro dal punto di vista sociale”. Uno dei punti criticati è il suo pilastro centrale, che permette che il negoziato prevalga sulla legge, dando forza alle contrattazioni collettive.

Don Sérgio da Rocha, presidente della CNBB, è convinto che la riforma del lavoro “privilegia il capitale a scapito dei progressi sociali”. “Tali cambiamenti puntano verso la strada dell’escusione sociale e della mancanza di rispetto dei diritti conquistati attraverso la faticosa lotta di lavoratori e lavoratrici”, critica. Da Rocha si lamenta anche della mancanza di tempo affinchè la società potesse esprimersi riguardo i cambiamenti. “Non basta la negoziazione politica, bisognava che ci fosse più dialogo e forse meno fretta nell’approvazione della riforma in quanto riguarda l’insieme della popolazione, tratta della vita del popolo e doveva essere molto ben pensata, per quanto urgente potesse essere”.

Infine, per don Roberto Ferreira, che presiede la Pastoral Política Católica e la Pastoral da Cidadania de Campos (nello stato di Rio de Janeiro), adesso “bisogna minimizzare i danni” della riforma. E questo rinforzando i sindacati per la difesa della democrazia e dei diritti dei lavoratori. “La CNBB è preoccupata per i poveri, che possono essere esclusi sempre di più. Non possiamo lasciarli soli in questo momento”, conclude.

(Rafael Marcoccia,



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